Restare svegli per spiare i cellulari dei figli, tra incognita password e sonno perso

Restare svegli per spiare i cellulari dei figli, tra incognita password e sonno perso
di Raffaella Troili
2 Minuti di Lettura
Mercoledì 20 Marzo 2019, 00:18
La curiosità è più forte del sonno, spazza via il diritto alla privacy di cui ci riempiamo la bocca. A notte fonda, scatta un rapido controllo dello smartphone del figlio: tanto per capire dove va il vento, per imbattersi nell’amica a cui scrive “fai sparire quelle foto” e poi non dormirci la notte; per capire nella chat di classe che la recensione del libro era per domani e così ricorrere ai farmaci per arrivare all’alba, per scoprire che segue tante belle signorine e rimanere a fissare il soffitto. Per capire chi è. Tutto a sua insaputa. Così mamma detective si costringe a estenuanti tour de force, tira tardi anche con l’occhio sghembo, per star tranquilla arriva quasi all’una.

E si erge come uno zombie.
Un lavoro sporco, il buio aiuta a sentirsi meno vili. Toglie le ciabatte, sul parquet fanno rumore, accende la luce del bagno per intercettare velocemente il telefono sul comodino, come una gazza ladra s’allontana dalla stanza, il tempo di visualizzare quel che basta e sempre in punta di piedi lo posa dove stava. Salvo imprevisti. Che il codice d’accesso sia rimasto lo stesso ma quello dei tempi di utilizzo sia stato cambiato a tradimento. Una partita a scacchi silenziosa, i colpi bassi s’incassano senza fare una piega, domani è un altro lungo giorno, quando tutti dormono ci riproveremo. Ma che occhiaie.
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