I criminali romani al cinema: ma come parlano?

Luca Marinelli e Alessandro Borghi nel film "Non essere cattivo"
di Pietro Piovani
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Giovedì 21 Aprile 2016, 00:34 - Ultimo aggiornamento: 01:01
Era da tempo che Roma non riscuoteva tanto successo al cinema. I film che la raccontano ottengono meritati riconoscimenti, incassano, vincono premi, vengono elogiati dai critici. Sono film diversi tra loro, ma con un elemento in comune: il malavitoso romano.

Il malavitoso romano del nuovo cinema italiano, oltre a sparare come ogni criminale del mondo, esibisce il suo repertorio di anvedi, di mortacci e di aho, come un Bombolo dalla faccia cattiva. Naturalmente magna, perché sennò che romano sarebbe, ma soprattutto tira la coca, con la stessa voluttà esagerata con cui Bombolo avrebbe addentato una matriciana. Ama i cani, purché siano feroci quanto lui. È un personaggio talmente ripetuto da essere diventato quasi una maschera, e dalla maschera al cliché il passo è brevissimo.

Per fortuna molti degli attori che in questi anni l’hanno impersonato sono riusciti, con il loro talento, a evitare la banalità. Ma il rischio di trasformare la figura del delinquente capitolino in un luogo comune cinematografico (come accadeva un tempo con il nazista tedesco, che in centinaia di film ha smitragliato a casaccio urlando suoni gutturali) non va sottovalutato.

Spesso gli autori di questi film si richiamano a Pasolini, ma i ragazzi di vita erano figure del tutto inedite, che spiazzarono il mondo della cultura e l’opinione pubblica del tempo. I malviventi pasoliniani erano scioccanti perché erano veri, ed erano veri perché conservavano - pur nel loro orrore - una scintilla di grazia e una certa inconsapevole creatività linguistica. Per fare film realistici non basta aggiungere un “cazz” ogni tre parole.

pietro.piovani@ilmessaggero.it 
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