I criminali pasticcioni di Roma, eredi dei “soliti ignoti”

I criminali pasticcioni di Roma, eredi dei “soliti ignoti”
di Pietro Piovani
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Lunedì 29 Ottobre 2018, 01:08 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 06:46
Mentre le cronache ci raccontano di delitti orrendi commessi da criminali nauseanti, può essere di parziale (molto parziale) conforto soffermarsi su altri fuorilegge che si sono distinti per la loro goffaggine più che per la loro ferocia. Per esempio riesce a fare quasi simpatia (molto quasi) il pusher che un po’ di giorni fa al Prenestino ha pensato bene di farsi cadere dalla tasca un foglietto su cui aveva appuntato i nomi dei clienti e le dosi vendute, e di unire a questo compromettente elenco il proprio codice fiscale così che si potesse risalire in modo inequivocabile all’estensore di quella lista, e avendo oltretutto l’accortezza di lasciare il documento a pochi passi da un commissariato, per essere sicuro che finisse nelle mani giuste. Per la polizia si è trattato solo di citofonare all’indirizzo dello spacciatore, perquisire l'abitazione e trovare una scorta di stupefacenti riposta sugli scaffali della libreria.

Come pure ha regalato una certa soddisfazione la storia a lieto fine del rapinatore di Ladispoli che ha fatto irruzione con la pistola spianata nel negozio di un pakistano, ha percosso il titolare, rubato l’incasso ma poi è scappato via senza accorgersi di aver lasciato nel locale il telefonino. Anche in questo caso c’è voluto poco perché i carabinieri identificassero il delinquente proprietario dello smartphone e lo assicurassero alla giustizia.

Viene in mente la battuta di Mastroianni nel film “I soliti ignoti”. «Rubare è un mestiere impegnativo, ci vuole gente seria: voi al massimo potete andare a lavorare»

pietro.piovani@ilmessaggero.it
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