Covid, la psicosi dell’assenza: come giustificarsi nelle chat

Covid, la psicosi dell’assenza: come giustificarsi nelle chat
di Raffaella Troili
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Mercoledì 23 Settembre 2020, 00:28
Ieri in classe mancavano otto ragazzini... strano...». Alle mamme non sfugge niente, parlottano, amplificano le notizie imperfette che arrivano a casa. Le più sfacciate telefonano. «Ma siete partiti?». Eh? «No perché Luca non c’era in classe». Qualsiasi risposta non andrà bene. «Era stanco, non si è svegliato»; «Da tempo avevo prenotato una visita medica» men che mai «stavo a casa, voleva stare con me». Sarà l’anno del sospetto. 
Tra domande a trabocchetto dettate dalla curiosità/paura che qualcuno abbia contratto il virus e lo stia nascondendo al resto della comunità. Sarà difficile anche chiedere i compiti in chat senza dover dare spiegazioni dettagliate, come un tempo: «Oggi mio figlio non è andato a scuola, mi potete mandare i compiti?». 

Dio ce ne scampi, meglio non farli proprio, la paura dell’interrogatorio o del linciaggio è in agguato. La cosa rischia di sfuggire di mano a tutti, il timore che alla prima influenza si venga tacciati per appestati è nell’aria, nonostante le emoticon e i saluti affettuosi con cui si è ripartiti. Alla prima assenza, scatteranno telefonate e messaggini inquietanti: «Tutto bene? Vi serve qualcosa?».

raffaella.troili@ilmessaggero.it
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