I ragazzi e le loro caverne: non aprite quella porta

I ragazzi e le loro caverne: non aprite quella porta
di Raffaella Troili
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Mercoledì 22 Aprile 2020, 00:05
Chiamarle camere da letto non ha più senso, le quattro mura dove dormono i ragazzi hanno assunto ormai l’aspetto di caverne, tanto che a volte per seguire la lezione a distanza nemmeno alzano le serrande. Ogni tanto scatta un blitz, uno sgombero tipo municipale nel campo rom abusivo, mentre si inciampa in un peso, si scoprono calzini ormai di un altro colore tra la parete e il letto, carte di merendine e succhi dietro il pc o il comodino, canottiere appallottolate sotto il cuscino, ciotole incrostate di latte, una collezione maniacale di bottiglie di plastica semivuote, sbriciolate di biscotti che a breve le formiche zompetteranno sulla scrivania mentre sullo schermo parla la prof.

Si urla, si pulisce, si minaccia, poi torna tutto come prima, in questi avamposti di quarantene e isolamenti dove ognuno sta regredendo tra porte chiuse in faccia, giornate in pigiama e montagne di stracci qua e là come se non fossero degni di esser piegati ed entrare nel solito armadio (dove nel frattempo il gatto ha pensato di fare pipì tra le felpe per adeguarsi all’atmosfera bohemien).

La situazione è sfuggita di mano, anche in termini di cura e igiene, chi un tempo era sempre attivo e si faceva docce a go go, comincia a emanare strani odori, e nemmeno fa arieggiare la sua tana...

raffaella.troili@ilmessaggero.it
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