«A ciccione», i giovani arbitri e la gavetta di offese

di Raffaella Troili
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Domenica 13 Maggio 2018, 00:05
Ogni anno picchiati 650 #arbitri, quasi sempre giovanissimi. Ai delinquenti attorno ai campi va detto che il calcio non è roba per loro
Luca Di Bartolomei


Arbitro cornuto fa parte del protocollo, scivola dolce come una poesia. Il resto è quanto di peggio un uomo/donna adulto possa esprimere. E a rifletterci, tutto quel che verrà dopo su ogni campo della vita - la rabbia, gli sfoghi, il senso d’onnipotenza - parte un po’ da lì. Dagli insulti, dalle offese che i giovani arbitri - spesso per la prima volta in campo - ricevono dagli spalti dai genitori dei ragazzini che nel weeekend giocano nei peggiori campi di Caracas. Sì è vero quello fischia poco e quell’altro troppo, quel rigore c’era e quel fallo no. Ma la reazione dei genitori hooligans a volte da lontano imbarazza i figli stessi. C’è chi si sofferma sulla stazza («a ciccione, pure de rosa te sei vestito») chi con enfasi minaccia “brutte cose” a lui e famiglia. Fa parte del gioco, si dirà, ma a nessuno viene in mente che su quelle quattro panche dove sono appollaiati i genitori come fossero al Santiago Bernabeu, spesso sono seduti in disparte anche i genitori del giovane arbitro. La fidanzata, il papà, il fratello. Gli arbitri alle prime armi, sono quasi sempre accompagnati da qualcuno costretto a sorbirsi in silenzio tutto il rosario di parolacce, improperi, minacce. Sono uno contro tutti e soffrono in silenzio, a volte ribattono timidamente, aspettano i figli e li scortano fino alla macchina. Qualcuno a volte sbotta, ma raramente: «Signora, cosa vuol fare a mio figlio, l’ho sentita prima: bucargli le gomme?». Spesso la signora non retrocede e dice sì...
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