Roma, il tecnico dei telefoni Sip che aveva la fiducia di Alberto Sordi

Roma, il tecnico dei telefoni Sip che aveva la fiducia di Alberto Sordi
di Pietro Piovani
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Lunedì 16 Maggio 2022, 07:12 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 04:15

La storia di Nello Panzini comincia nel quartiere di Cecafumo, quando ancora sulla Tuscolana si affacciavano solo poche case e gli stabilimenti di Cinecittà. Per guadagnare due soldi, da ragazzino Nello andava a fare il generico sui set cinematografici (tra le sue tante comparsate: nel film “Straziami ma di baci saziami” è lui il cliente capellone che fa dire al barbiere Nino Manfredi «Li porta sempre così o è venuto in motocicletta?»). A scuola un professore, sapendo delle sue frequentazioni cinematografiche gli consiglia di prendere appunti, per non perdere la memoria di quelle esperienze. Cosa che Nello comincia a fare, e che continua a fare anche dopo, da grande, quando trova un lavoro vero: un posto fisso alla Teti, poi diventata Sip («sigla che per noi significava Semo Iti Peggio») e dopo ancora Telecom.

Di recente Nello ha usato la sua collezione di ricordi personali per pubblicare un libro, mentre sui social li racconta ad amici e follower. Ma quali memorie particolari avrà da conservare un tecnico telefonico? «Il fatto è - racconta - che in Sip fui assegnato alla centrale di via Sannio, cioè quella che si occupava di Roma centro, per cui in tanti anni di lavoro mi è capitato di entrare nelle case di persone veramente importanti, stilisti come Valentino o le sorelle Fendi, e i grandi personaggi del cinema italiano, da Visconti a Verdone.

Ho adorato Paolo Poli, nella sua casa a via del Governo vecchio, mi disse: “Mio padre voleva un maschietto, mia madre una femminuccia, io ho voluto accontentare tutti e due”. Ma soprattutto Nello ho avuto il privilegio di frequentare la casa di Alberto Sordi». L'inaccessibile casa di Alberto Sordi a via dell'Amba Aradam, dove erano ammesse solo poche persone fidate. «Aveva problemi seri con la linea, un difetto nell'impianto, e poi per via delle antenne piazzate nel convento delle monache di fronte, quando Sordi alzava il telefono sentiva la radio, diceva di sentire la voce del Papa. Lui capì che di me si poteva fidare per cui chiedeva che intervenissi sempre io. Una volta mi incontrò per strada, stavo con mia moglie, tirò giù il finestrino della sua auto e mi strillò “A Sippeee!”, scese dalla macchina e ci portò in un bar. Ci guardavano tutti, io camminavo a tre metri da terra, lui ci chiese cosa poteva offrirci, ma io non avevo voglia di niente e mia moglie neanche. “E allora che semo entrati a fa' qua dentro!”. Nel bar scoppiò una risata e un grande applauso».

pietro.piovani@ilmessaggero.it

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