Quei marciapiedi diventati terra di nessuno

di Raffaella Troili
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Martedì 2 Dicembre 2014, 23:22 - Ultimo aggiornamento: 3 Dicembre, 00:13
Ogni strada/incrocio/angolo

di Roma sono oramai

un bivacco di bancarelle dove

si può passare solo in fila per uno


@malaromablog



C’è chi allestisce la vetrina e chi occupa il marciapiede. Questione di cultura, di ricordi lontani, chissà, legati a casbeh e mercatini a cielo aperto. Oppure le regole sono un’opinione, chi vuole le rispetta, tanto i vigili non dicono mai niente.



Altrimenti non si spiega perché certi negozi di chincaglierie, ma anche le frutterie, specie quelle gestiti da stranieri, ma ora anche i parrucchieri, le agenzie di viaggio, la deregulation è universale, si allarghino tanto, finiscano per tracimare fuori dal locale. Ora che si avvicina il Natale, i cinesi sotto casa hanno posizionato anche gli alberelli, verdi, bianchi e rossi, all’esterno del locale che vendeva già di tutto, sia dentro sia all’esterno.



La merce è in bella mostra, i pedoni rischiano di inciampare, tra fiori finti e vasellame. E tra bancarelle di calzini a destra e cassette di ortaggi a sinistra in alcuni punti conviene adottare il senso unico alternato. Al cittadino vecchia maniera, non va giù. Tra un po’ il negozio gli arriva dentro il portone, ogni giorno un passetto in più, una cassetta di qua, un’altra di là. Per non passare per intolleranti, si rischia di subire prepotenze.



Tipo Paola: zitta zitta qualche volta la sera scende giù, lascia una lettera, una cartello garbato, al cinese che tra un po’ gli entra dentro casa. Ma non cambia niente, allora lei si avvicina, entra e prova a dirgli che il marciapiede non è suo, che non è bello, tutto quel baldacchino accatastato là fuori. Lui, è un classico, fa finta di non capire.



raffaella.troili@ilmessaggero.it