Ma come facevamo senza il pistacchio?

di Mauro Evangelisti
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Sabato 21 Novembre 2015, 02:37 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 04:23
Dicen que no

te tienes

que despedir de Roma

sin antes comerte un gelato


@upalora



Il protagonista di questo giallo è verde. Prendiamola alla lontana. Sono gli ultimi giorni di sole autunnale. Ultime passeggiate in gelateria. Sì, perché mano a mano che le temperature si abbasseranno a Roma si ridurrà drasticamente il numero dei coni divorati. Per Claudio Pica, presidente dell’Associazione degli esercenti pubblici di Roma, rappresentante di una storica famiglia di gelatai della Capitale (il papà Alberto, morto poche settimane fa, è stato per decenni il faro del settore), il rapporto è di uno a cinque: per ogni cono venduto d’inverno, se ne acquistano cinque in estate. E se il turista inesperto si fa ammaliare dagli ice cream plasticosi che si arrampicano in modo un po’ sospetto dalle vaschette di certe gelaterie, il romano è più scafato e seleziona con puntiglio il negozio di fiducia.



La relazione con il gelato è molto personale, ognuno di noi ha un gelataio che ritiene superiore agli altri e guarda con sospetto l’amico del quartiere vicino che sostiene: «Il mio gelataio è il più bravo di tutti». Ma il vero mistero degli ultimi anni è verde. Si chiama pistacchio e fino a un decennio fa era un gusto vintage, quasi da radical chic o da persone strambe.



Quando eravamo bambini lo guardavamo con sufficienza. Poi qualcosa è cambiato e da cinque o sei anni a questa parte, racconta Pica, c’è stata l’esplosione: il pistacchio ha scalato le classifiche, divenendo uno dei gusti più ricercati, punto di riferimento per valutare una gelateria. Domanda: ma che ci aveva fatto di male in passato il pistacchio?



mauro.evangelisti@ilmessaggero.it

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