Il fotografo: «Catturo i ghiacciai in uno scatto»

Il fotografo: «Catturo i ghiacciai in uno scatto»
di Stefano Ardito
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Sabato 25 Agosto 2018, 10:32
Karakorum, Patagonia, Caucaso, poi l'Everest. Fabiano Ventura, fotografo della Garbatella, ha portato il suo studio nei luoghi più belli del mondo. Dal 2009, con il progetto Sulle tracce dei ghiacciai, documenta l'arretramento delle grandi colate di ghiaccio.

Da dove arriva la sua passione per i viaggi?
«Dai miei genitori. Quando ero bambino viaggiavamo con la roulotte in Europa, fino a Capo Nord e alla Turchia».

Gli appassionati di natura fotografano fiori e animali. Che c'entrano i ghiacciai?
«Ho scoperto la fotografia a 14 anni, con amici più grandi, facendo escursioni in Abruzzo».

E ha iniziato a fotografare montagne?
«No, le stelle. Aspettavamo la notte, e puntavamo il telescopio verso il cielo. Era bellissimo! Un giorno ho attaccato al telescopio una macchina fotografica. Ho deciso che quella sarebbe stata la mia vita».

Come ha iniziato a vivere di fotografia?
«Con dei reportage per riviste di viaggio, dalla Namibia all'Islanda. La svolta nel 2004, diventai il fotografo della spedizione al K2, per i 50 anni dalla conquista».

Oggi tutti scattano foto di montagna e viaggi. Cos'hanno di speciale le sue?
«La cura per i dettagli, la composizione. Nelle spedizioni uso macchine di grande formato».

E nelle gite con la famiglia e gli amici?
«Sono appena andato sul Gran Sasso con le mie figlie di 9 e 7 anni. Ho fotografato con lo smartphone, qualità sufficiente».

Cosa consiglia ai fotoamatori che vogliono diventare bravi?
«Fotografare quello che si ama. La macchina o lo smartphone sono scatole, la differenza la fanno la testa e il cuore. Oltre all'amore conta la conoscenza. Quando fotografi devi sapere cosa sta per accadere».

Come sono nate le spedizioni?
«Sono un appassionato di foto storiche. Le più belle immagini in bianco e nero di montagna sono state scattate un secolo fa da Vittorio Sella, che partecipava alle spedizioni del Duca degli Abruzzi, e ha fotografato i ghiacciai più belli del mondo. Quando sono stato sul K2 mi sono accorto di quanto si fossero ritirati: così è nata l'idea di fare un paragone».

Quindi voi tornate a fare le stesse foto di Sella?
«Torniamo a fotografare negli stessi punti e con le stesse ottiche, per documentare il ritiro dei ghiacciai e il riscaldamento del clima».

Che problemi incontrate nelle vostre spedizioni?
«Siamo appena stati in Nepal, ai piedi del Kangchenjunga, la terza cima della Terra. Una spedizione durata più di un mese, con quintali di bagagli affidati ai portatori. Siamo arrivati a 5400 metri. Macchine e cavalletto pesano una ventina di chili, ma poi ci sono i computer, i cavi...».

Fa spedizioni ogni due anni. Nel resto del tempo che fa?
«La parte più dura del lavoro è in Italia. Devo cercare fondi, preparo mostre e servizi per riviste, partecipo a festival sulla scienza. Curo i rapporti con gli sponsor: Enel Green Power (il più importante), Epson e Ferrino».

I prossimi progetti?
«Ora sistemerò le foto dell'ultimo viaggio. Dall'autunno farò lezioni sul cambiamento climatico nelle scuole».
Dove andrete nella prossima spedizione, nel 2020?
«Sui ghiacciai delle Alpi, tra il Monte Bianco, il Monte Rosa e il Cervino. Un viaggio ecologico, su camper elettrici».

Tra Alpi e Himalaya, c'è spazio per un progetto su Roma?
«Certo! Vorrei tentare lo stesso lavoro dell'Himalaya: rifare le foto di 100 anni fa per mostrare com'è cambiata la città».
 
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