Il chirurgo Fabio Massimo Abenavoli: «Opero i bimbi perché tornino a essere felici»

Il chirurgo Fabio Massimo Abenavoli: «Opero i bimbi perché tornino a essere felici»
di Valentina Venturi
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Sabato 12 Maggio 2018, 09:22 - Ultimo aggiornamento: 09:51
Il professor Fabio Massimo Abenavoli ha sempre saputo che avrebbe fatto il medico: in famiglia sono sette le generazioni di dottori. Ma probabilmente lui è il primo chirurgo che ama i sorrisi. È il fondatore di Emergenza Sorrisi, Onlus della quale fanno parte 370 medici e infermieri volontari, che cura bambini affetti da labiopalataoschisi, patologia nota con il nome di labbro leporino.

Quando ha capito che la specializzazione in chirurgia plastica e maxillofacciale in Brasile e America avrebbe avuto questo utilizzo?
«Sin dall'università avevo la passione e l'ambizione di fare qualcosa per l'Africa. Poi 22 anni fa tramite l'ospedale Fatebenefratelli San Pietro di Roma, sono stato in Togo, c'era un ospedale salesiano missionario. Mi ha accolto Padre Fiorenzo, un chirurgo speciale. Per tre mesi ho operato con loro e ho capito cosa volevo fare: aiutare i bimbi meno fortunati».

Dare una speranza a bambini affetti da labiopalataoschisi non è una scelta usuale.
«È dalla fine degli anni Novanta che opero bimbi con deformità. Una competenza raggiunta anche con l'esperienza sul campo, focalizzata su questo tipo di interventi: nei Paesi sviluppati come il nostro ne soffre un bimbo su 1300, mentre in quelli in via di sviluppo uno su 400. Un'emergenza».

Nella vita ha subito anche dolori privati...
«Tre anni fa la mia esistenza e quella di mia moglie sono state stravolte dalla perdita di nostro figlio. La sua scomparsa mi ha poi permesso di capire che non possiamo essere solo carne. Sento mio figlio vicino a me in ogni momento, anche tramite il suo rosario, che porto sempre dietro».

Emergenza Sorrisi è presente in Paesi come l'Iraq, Somalia, Senegal, la Siria e il Benin. Cosa ricorda del primo bambino che ha visto sorridere dopo l'intervento?
«Ogni volta è incredibile. È un onore per tutti noi medici ricevere dalle mamme un figlio con questa patologia, fragili, indifesi, spesso non sono in grado neanche di mangiare».

A breve partirà per la Siria. Cosa le manca di più?
«Sono abituato ad essere sempre in aeroporto e in ospedale, mi adatto ad ogni situazione. Eppure c'è una cosa che non posso sopportare: la maleducazione e la mancanza di rispetto».

Qualche gesto scaramantico in sala operatoria?
«Esigo ordine e precisione, sono un dittatore! Però voglio che si operi con un sottofondo musicale».

Musica classica?
«Anche, ma soprattutto gli Stadio ed Eros Ramazzotti. Musica semplice, è in questa qualità che risiede la sua funzione: libera la mente e ti fa concentrare e ragionare solo su quello che stai facendo».

Ha mai dei cedimenti?
«Innumerevoli. È un compito di grande responsabilità essere il presidente di Emergenza sorrisi. Ne approfitto per ricordare che c'è tempo fino al 19 maggio per la raccolta fondi al numero 45584 per la campagna Un messaggio per un Sorriso, a sostegno dei medici volontari della Onlus. Per fortuna capitano momenti eccezionali che ti danno la forza per continuare».

Ad esempio?
«Due mesi fa in Iran c'erano un mare di bambini da operare. Per caso su una garza cade una goccia di Betadine, un disinfettante di colore nero. Cadendo la goccia ha formato un cuore perfetto. Quella casualità mi ha fatto capire che dovevo continuare: 130 interventi in una settimana».

Ha ridato il sorriso a più di 4500 bambini. Le piace sorridere?
«Riderei sempre, è la manifestazione diretta del nostro animo».

Qui informazioni su Emergenza Sorrisi che fino al 19 maggio ha allestito una raccolta di fondi attraverso il numero telefonico 45584

 
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