Barbara, l'insegnante finalista al Global Teacher Prize: «Odiavo la scuola ma poi sono diventata maestra da Oscar»

Barbara, l'insegnante finalista al Global Teacher Prize: «Odiavo la scuola ma poi sono diventata maestra da Oscar»
di Maria Lombardi
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Sabato 10 Febbraio 2018, 12:20 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 17:27
A scuola andava male, le dicevano sei un asino. Lascia stare i libri, meglio se fai la parrucchiera. A Barbara Riccardi non piaceva studiare perché a scuola si annoiava. Da grande sognava di fare la rumorista per il cinema. E si annoierebbe ancora adesso in classe se non fosse la maestra che è. La mattina si va in palestra, a costruire l'alfabeto. Con il corpo, la penna viene dopo. Fa freddo e non importa, tutti nel campetto a giocare con i più grandi: aiuta a crescere. Di che umore sei oggi? Nuvolo, sole pieno, tempesta o pioggia. Bambini scegliete il cartello meteo che corrisponde a come vi sentite e poi spiegate perché, sul quaderno. Loro pensano di giocare e invece stanno facendo un tema. Ogni tanto si balla. Ed è così, tra musica e parole in movimento, creatività e risate, che Barbara l'insegnante bizzarra, più scatenata dei suoi bambini, è diventata una maestra da Oscar. Tra le 50 migliori al mondo, su 8mila candidati unica italiana finalista nel 2016 del Global Teacher Prize.

Un bel traguardo per la bimba svogliata che lei era.
«Una bellissima sorpresa. Era l'8 dicembre 2015. Mi arrivò una telefonata da Londra: ma lei, non le legge le mail? Erano in inglese, le avevo cestinate, pensavo fossero spam. Mi convocarono a Dubai per l'ultima selezione. Vinse la collega palestinese, ma lei insegna nei campi, dove c'è la guerra. Non c'era storia con gli altri».

Adesso lei dove insegna?
«All'istituto comprensivo Padre Semeria, plesso Principe di Piemonte, a San Paolo. Ho una terza elementare, nessuno voleva prenderla, ci sono diversi casi difficili dal punto di vista del comportamento. Ma sono geni e attraverso il gioco siamo riusciti a far emergere la loro intelligenza. Martedì mattina li porto fuori, organizziamo partite e tornei con i ragazzi della terza media. Quando l'ho proposto, qualcuno aveva da ridire: i piccoli imparano dai grandi le parolacce e a comportarsi male. Bene, ho risposto, che figo. Lo scopo in realtà è quello di creare una sinergia: i grandi fanno da tutor e si sentono responsabilizzati, i piccoli si sentono considerati e acquistano autostima».

Quale è stato il suo percorso?
«Ho cominciato come insegnante di psicomotricità. Per tanti anni ho insegnato all'istituto comprensivo Frignani di Spinaceto, ero lì quando sono stata candidata al Global Teacher Prize. Avevo vinto il concorso e ho rinunciato al ruolo nella scuola d'infanzia. Preferivo continuare il mio lavoro nella primaria di Spinaceto, anche come precaria. Solo nel 2012 sono entrata di ruolo».

In cosa consiste il suo metodo?
«Mi presento ai genitori dicendo che faccio didattica attraverso il gioco e il movimento. Parto dai bisogno dei bambini, penso a farli divertire e a incuriosirli. L'alfabeto i bambini lo imparano in palestra. In terza elementare insegno filosofia, li stimolo al ragionamento. La lezione di storia e di geografia diventa un tg, ognuno a turno fa il cronista e racconta l'episodio storico o le caratteristiche di un territorio al microfono, davanti alla telecamera. Ogni mattina chiedo ai bambini di esprimere il loro stato d'animo attraverso i cartelli meteo appesi in classe».

I suoi alunni come reagiscono?
«Se mi diverto io, si divertono anche loro. Questo è il segreto: tutte le mie passioni, le porto in classe, dalla musica alla fotografia. Una volta sono mancata qualche giorno perché ero malata, i bambini mi hanno scritto: maestra, quando torni? Ci annoiamo. È proprio quello che io cerco in tutti i modi di evitare. A scuola io mi annoiavo tantissimo. Andavo male, ero silente, buona ma nessuno percepiva il mio disagio».

Qual è, secondo lei, lo sbaglio più grande dei genitori oggi?
«Si fanno educare dai bambini, lasciano troppo potere decisionale ai figli. E invece è importante ristabilire i ruoli. I grandi devono valorizzare le abilità e le competenze dei figli. La vita è la loro».
 
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