Le statue nude del bisnonno Rutelli

di Fabio Isman
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Sabato 22 Ottobre 2016, 17:17
LA STORIA
In una città la cui «sky line» mostra, secondo alcuni, 60 campanili, 40 cupole, 30 torri, 50 altane, dove 47 statue sono dedicate a personaggi celebri, oltre ai 224 busti al Pincio e alle 47 erme al Gianicolo, non mancano nemmeno le «mostre d'acqua», tipici monumenti dell'Urbe. Sono l'eco dell'arrivo in città dei maggiori, preziosi acquedotti. C'è chi vi include anche Fontana di Trevi, che, però, l'Acqua Vergine alimenta soltanto. La prima è la Fontana del Mosé, in piazza San Bernardo, con cui Sisto V Peretti solennizza l'Acquedotto Alessandrino, detto Felice dal suo nome, nel 1588. Poi Trevi, ma per ricordare le condutture del 1453. E il fontanone dell'Acqua Paola, costruito con marmi del Foro di Nerva, per il ripristino dell'antico acquedotto Traiano, nel 1612; come anche il Fontanone di Ponte Sisto. Quello «del nicchione», al Pincio è la nuova mostra del Vergine, nel 1936. L'ultimo è a piazzale degli Eroi: celebra quello del Peschiera, sorto in cinque fasi dal 1937 al 1980.

DOPO L'UNITÀ
Ma il primo acquedotto «italiano», il primo dopo l'Unità, è quello Pio-Antico Marcio, creato in realtà da Pio IX Mastai Ferretti e inaugurato solo dieci giorni prima della presa di Roma. La sua mostra, però, ha una gestazione complessa: è definitiva appena dal 1914. E' la Fontana della Naiadi, di Mario Rutelli, bisnonno dell'ex sindaco di Roma. Del 1885 è la parte architettonica, di Alessandro Guerrieri; l'anno dopo, l'incarico per le sculture. Rutelli, palermitano, realizzerà molto: dal monumento ad Anita Garibaldi sul Gianicolo, alla Quadriga sul Politeama di Palermo, fino a un'altra statua a Roma, quella di Nicola Spedalieri in piazza Sforza Cesarini, ulteriore sfortuna dell'artista. Lo commissionano quando il personaggio, contestato della Chiesa, è appena «risorto»; era davanti a Sant'Andrea della Valle dal 1893, 4 metri e mezzo, quattro tonnellate; ma dal 1903, è spostata in un più innocuo giardinetto. La Sicilia (Spedalieri ne era figlio) partecipa con 1.790 lire; con 4.000 lo Stato; e re Umberto I con 500. Nel 1792 i Savoia avevano vietato la divulgazione del suo libro «De' diritti dell'uomo». Dopo il trasferimento, c'è chi lo chiama lo spostato; i fascisti, nel '24, la volevano abbattere.

DISCINTE
In piazza della Repubblica, prima dell'Esedra, c'è, dunque, la mostra dell'Acqua Marcia: la prima, addotta dal pretore Quinto Marcio Re, nel 144 a.C., tagliata dai Goti nel VI secolo e da allora inutilizzata; la seconda, da una società di due inglesi, James Shepherd e Henry Fawcett; sede a Londra, la Anglo-Romana Water Company, diventa, a onore del papa, Antica Pia Acqua Marcia. E Rutelli pensa a quattro colossali gruppi di bronzo con ninfe, ognuna su un animale acquatico. Cavallo marino per quella degli Oceani; serpente per quella dei Fiumi; cigno per quella dei Laghi; lucertola per i Fiumi sotterranei. Anche se le Naiadi hanno a che fare con le acque dolci, per quelle salate ci sono le Nereidi. La procacità dei nudi genera polemiche: la fontana è per lungo tempo celata da una cinzione di legno. Ma a Carnevale 1901 è abbattuta da alcuni sudenti: l'opera è così inaugurata a furor di popolo.

IL GLAUCO
Ma non è finita.
Per il gruppo centrale, lo scultore vuole tre tritoni, un delfino, un polipo. I romani, sempre amanti delle battute, lo chiamano «un fritto misto». Finisce nei giardini di piazza Vittorio Emanuele, dove è ancora. Ed è surrogato dal Glauco, alto cinque metri: un uomo nudo che rappresenta la forza della natura. E diventa «l'uomo con il pesce in mano», da dove sgorga l'acqua. Non destano invece proteste i quattro leoni di Guerrieri attorno alla vasca circolare. Sempre di Rutelli è una delle quattro «Vittorie alate» al Vittoriano, in origine dorata, su una colonna davanti al Propileo della Libertà. Lascerà molte altre opere, in Sicilia e in giro per il mondo: una statua di Wolfgang Goethe a Monaco di Baviera, e, alto 22 metri, un Monumento alla Vittoria in Inghilterra, ad Alberystwih. Ma lo spostamento di Spedalieri, pare, non lo digerirà mai; se ne è andato nel 1941, a 82 anni. Ci resta una «pasquinata»: «Quattro donne ignude a pecorone /e un omo in mezzo che fa da marito»; sopra, uno, «cor pesce in mano/annaffia a tutt'e quattro il deretano».
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