Paolina Bonaparte e il veto sul nome di famiglia alla villa in Centro

Paolina Bonaparte e il veto sul nome di famiglia alla villa in Centro
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Domenica 30 Aprile 2017, 10:59
LA STORIA
L'esordio non è tra i più invitanti: i terreni erano dei Cicciaporci, nome che ne svela l'umile origine. Li acquista Silvio Valenti Gonzaga, il potente Segretario di Stato di Benedetto XIV Lambertini, e vi edifica una famosa villa. Il grande umanista fonda pure la Pinacoteca Capitolina: ne fa acquistare dal papa i quadri dei fratelli Marcello e Giulio Sacchetti e la collezione di Pio di Savoia. Ma anch'egli ne aveva una assai prestigiosa: 827 dipinti, tra cui pure un cartone di Michelangelo (è al British Museum di Londra) per l'Epifania della Vergine, un dipinto malamente completato, che è invece a Firenze. Il cardinale era (giustamente) così fiero della sua raccolta, che si fa ritrarre circondato da 220 quadri, di cui 144 leggibili e 70 identificati, quasi tutti fuori d'Italia, da Giovanni Paolo Pannini, nel 1749. Ormai, l'opera, di due metri e mezzo, è nel Connecticut.
L'EDIFICIO
Valenti fa costruire l'edificio: un parallelepipedo di due piani, uno interrato, e un sottotetto; una breve scala per accedervi, e un bel portico. Un giardino, che allora era «all'italiana», con numerose piante esotiche, tra cui i primi ananas importati a Roma. In una sala a pianterreno, stando in un angolo, era possibile ascoltare qualsiasi cosa si dicesse nel locale. È il luogo dove gli zuavi francesi tentano l'ultima difesa nel 1870: il maggiore de Troussures davanti ai bersaglieri di Porta Pia, che è proprio accanto, innalza sul tetto bandiera bianca. Intanto, Valenti se ne è andato e la sua collezione dispersa: 280 quadri all'asta ad Amsterdam, molti altri al re di Danimarca. C'erano pure Rubens, Annibale Carracci, Barocci, Tintoretto, Lotto, Reni e tanti altri. La villa, che conteneva 40 mila volumi, era andata ad un altro cardinale, Prospero Colonna di Sciarra, ma anche lui era scomparso.
Dal 1816, il luogo apparteneva ormai ai Bonaparte. La sorella di Napoleone, Paolina, era vittima di un veto di «madame Mère»: la madre di Napoleone, Letizia che viveva a via del Corso all'angolo con piazza Venezia, le aveva vietato di conferire al luogo il cognome di famiglia, ed ella si era accontentata del proprio nome.
MOGLIE INQUIETA
A 23 anni, in seconde nozze, Paolina aveva sposato a Parigi Camillo Borghese; se ne separa pochi anni dopo. Dicono che in vent'anni abbia collezionato una trentina di amanti. Ed era certamente un'eccentrica: si fa eternare nuda da Antonio Canova, e regala il ritratto al marito, quando le cose tra loro andavano ancora bene. Famose le sue feste. È la più vicina al fratello: l'unica che lo accompagna nell'esilio all'Elba; cerca invano di raggiungerlo anche a Sant'Elena. Si ammala, chi dice di un tumore, chi di una lue, contratta a Santo Domingo durante il primo matrimonio con il generale Victor Emanuel Leclerc: resta vedova dopo cinque anni ma le si attribuiscono numerosi «svaghi». Se ne va a 44 anni. La villa decade. Nel 1907, è ceduta all'ambasciatore prussiano Otto von Mülberg, che, dopo Porta Pia, la risistema.
PRUSSIA E FRANCIA
Ma nel 1884, gran parte del parco è sacrificata in favore della nascita del nuovo quartiere. Resta tedesca fino alla seconda guerra mondiale; è sede delle ambasciate: prima la Prussiana presso la Santa Sede, dopo quella tedesca, tra il 1920 e il 1944. Confiscati i beni del Reich, passa poi alla Francia: dal 1950, è l'ambasciata presso la Santa Sede, ed ha subito numerosi rimaneggiamenti.
Sulla via XX Settembre, proprio accanto a Porta Pia, si vede il portale d'ingresso; l'accesso è in via Piave. Restano ancora gli affreschi: in una sala, Paesaggi del Nilo, in memoria delle campagne di Napoleone in Egitto; in un'altra, al centro del soffitto, Venere circondata dalle nove Muse e, nelle lunette, famose donne dell'antichità, da Saffo a Aspasia e Corinna: palese celebrazione dell'antica proprietaria.
Di fronte, un'altra ambasciata, assai più moderna: quella inglese, del 1971; perché l'antica sede, palazzo già Torlonia, nel 1947 viene distrutta da un attentato israeliano dell'Irgun.
Fabio Isman
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