Quel rebus sulla facciata della chiesa

Quel rebus sulla facciata della chiesa
di Fabio Isman
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Domenica 12 Febbraio 2017, 13:20
È l'unico edificio, che io sappia, con un curiosissimo (e pressoché ignoto) acrostico in facciata. L'acrostico è una sigla: un insieme di iniziali di parole, purché abbiano un senso compiuto. E alla Basilica dei Santi Apostoli, nella piazza omonima, ce n'è uno, assai stravagante e, per quasi tutti, assolutamente misterioso. In cima alla balaustra, si innalzano le statue di Cristo e dei 12 Apostoli; e sul piedestallo di ciascuna, sono incise altrettante lettere. E del tutto inusuali: non formano una delle abituali formule religiose, che capita di incontrare. Sembrano quasi scelte a casaccio: non hanno un riferimento neppure con le singole sculture sotto cui si trovano. Una storia divertente e unica. A finanziare le statue, quando l'edificio, tra fine del Sei e inizio del Settecento, viene mutato e diventa barocco, è un cardinale, non troppo noto: Lorenzo Brancati, ma al battesimo Giovanni Francesco, nato a Lauria nel 1612. Se ne va nel '93, ma offrendo, o lasciando, i fondi per le tredici statue di quella che era stata la sua chiesa.

IL PORPORATO
A 22 anni Brancati viene a Roma; poi gira un po' nel Paese; a 38 diventa guardiano della basilica dei Santi Apostoli (o dei XII Apostoli), ma dura un anno: beghe e forse calunnie, lo spediscono in convento ad Albano. Serve sei papi; lo fa cardinale Innocenzo XI Odescalchi (la piazza davanti alla basilica è l'area di famiglia): lui sceglie come proprio titolo i Santi Apostoli; al conclave, quando il papa muore, ottiene 15 voti, però anche il veto spagnolo: viene eletto Fabio Chigi, Alessandro VII. Lui se ne va a 81 anni; riposa proprio tra queste mura, e lascia i fondi per canonizzare San Giuseppe da Copertino: erano legati, e questi, ancora da giovane, gli aveva già predetto la porpora.

LA SOLUZIONE
E allora, veniamo alle nostre 13 lettere. Costituiscono le iniziali di una frase latina che suona, più o meno: «Frate Lorenzo Di Lauriola, Consultore del Santo Offizio, Teologo, Cardinale, Vescovo (Episcopus), Custode della Biblioteca Vaticana». Insomma: una dedica, ma assai mascherata; perché non si sarebbe potuta scrivere più esplicita: certi onori, infatti, spettano unicamente ai pontefici. Così, soltanto una lettera maiuscola sotto ogni statua, per una sequenza che pochissimi potevano comprendere e leggere; e lassù, in cima. Chi ci fa caso? Una iniziale ogni tanto, e sono quasi indistinte tra le colonnine della balaustra. Certamente più visibile, sotto il timpano ed ancora più in alto, la dedica a Giovanni Torlonia «dux» che più tardi, nel 1827, finanzia l'ennesimo rinnovamento della facciata. Ma non è l'unica singolarità del luogo; anzi, ce ne sono parecchie. Tra esse, che il rifacimento barocco ne cancella l'abside. Degli splendidi affreschi di Melozzo da Forlì non resta molto: Dio Padre sullo scalone del Quirinale; alcuni Angeli Musicanti sopravvissuti nella Pinacoteca Vaticana. Qui è sepolto Clemente XIV Ganganelli (sepolcro di Canova), e giace Giovanni Bessarione, grande sapiente, che era stato cardinale proprio di questo titolo (e vi si ricorda che ha lasciato a Venezia la biblioteca: testi e codici antichi, 548 greci e 337 latini, radice dell'attuale Marciana); qui si celebrano i funerali di Antonio Canova: vi assiste pure Giacomo Leopardi e dice che l'orazione funebre «non valeva nulla»; qui, ma è controverso, sarebbe stata la sepoltura provvisoria (ci viveva accanto) di Michelangelo, prima di essere trasferito a Santa Croce di Firenze.

FESTA CON IL MAIALE
È una chiesa antichissima: forse l'unica che risale alla occupazione bizantina di Narsete; più volte ricostruita: Giovanni III la completa nel 570; Martino V Colonna la restaura; poi anche i due Fontana nel Settecento, fino al neoclassico di Giuseppe Valadier. Il martirio di Filippo e Giacomo di Domenico Muratori, nell'abside, è la più grande pala romana: venti metri per dieci. Il 1. maggio vi si svolgeva una festa; e dal loro palazzo, che si affacciava nella chiesa, i Colonna gettavano monete, cibi e volatili sulla folla; pure un maialino, che scendeva dal soffitto e tutti cercavano di agguantare, tra le risate degli ospiti «bene». Altri tempi, per fortuna.