Quel Caffè amato da principi e artisti

Quel Caffè amato da principi e artisti
di Fabio Isman
3 Minuti di Lettura
Domenica 19 Febbraio 2017, 14:48
Giovanni Battista Piranesi aveva arredato quello degli Inglesi, con sfingi, obelischi e piramidi. E, sempre nella piazza ora chiamata di Spagna, allora al numero 82, al Buon Gusto, il primo a introdurre l'illuminazione a gas e quei panini cui John Montagu, diplomatico, IV conte di Sandwich, aveva conferito il nome, si mangiava benissimo: per uno che se n'intendeva, un Rothschild, un livello «superiore ai più grandi ristoranti parigini».

I caffè, nell'Urbe, sono stati sempre di moda, anche se la bevanda da cui derivano il nome («acqua nera bollente» tratta da un seme, kahavé in turco), il primo italiano a citarla è un veneziano: Gian Francesco Morosini, ambasciatore alla «Sublime porta» nel 1585. Prima bottega turca, nel 1554; prima nella penisola, a Venezia in piazza San Marco: il Quadri; Alfred de Musset certifica nel 1683 che la tazzina recava ancora il nome turco.
E il caffè Greco il più antico rimasto a Roma, a via Condotti: nel 1760, battezzato così per via del fondatore, Nicola della Maddalena, un levantino, 40 anni dopo il famoso Florian, di nuovo in Laguna, intitolato «Alla Venezia trionfante».

LA MODA
Nel XVIII secolo la bevanda era di gran moda: le dedica una commedia («La bottega del caffè») anche Carlo Goldoni. E Johann Sebastian Bach le consacra una cantata comica. Ben presto, a Roma, il locale nel luogo dove c'erano i tubi del più antico acquedotto dell'Urbe (i «condotti» dell'Acqua Vergine: nel Cinquecento, Gregorio XIII Boncompagni li fa risorgere; derivavano dal serbatoio sul Pincio, detto «il bottino», e una via in piazza di Spagna si chiama ancora così), il locale, dicevamo, diventa quello perdiletto dai re, principi, marajà, pittori, scrittori e quanti altri. Ma Parigi, dal 1686, possedeva già il Procope, per merito di Procopio dei Coltelli, un siciliano. Il primo a Roma, però scomparso, era in Campo Marzio, dal 1650: gestito da un ebreo. E, all'inizio, non senza resistenze: si voleva che, prima, vi fosse un'approvazione di qualità della bevanda troppo nuova. Nel 1690, all'ombra della Torre Eiffel (che ancora non esisteva), nel «salon» di Madame de Sevignée nasce addirittura il cappuccino.

GLI INIZI
Gli «stati delle anime» delle parrocchie romane spiegano che, all'inizio, con il «caffettiere» romano vivevano la moglie Barbara di Rosa, la servente Caterina Bianchi e due giovani: verosimilmente, i primi camerieri. Dapprima, nella città dei papi, vi sono dei dubbi: il caffè è una bevanda; ma interrompe il digiuno, o no? E i luoghi diventano anche «convegni di vagabondi e oziosi». In effetti, lo vedremo, saranno, almeno, cenacoli di intellettuali e letterati. A Brescia, nel 1764, sorge un periodico, «Il caffè»; a Roma, Goldoni alloggia nel largo che ne reca ancora il nome, a un passo dal caffè Greco. Un poemetto intitolato alla bevanda segna le nozze del nipote di Pio VI Braschi, nel 1781. Si poteva anche fumare tabacco: negli altri, no. A questi tavoli, Nikolaj Gogol scrisse gran parte delle sue Anime morte, e vi sono transitati un po' tutti.

CURIOSITÀ
Marie-Henri Beyle, assai più noto come Stendhal, vi entra per la prima volta cercando un sosia: a Terni, lo avevano scambiato per il pittore Stefano Forby, e aveva saputo che frequentava il locale. Arthur Schopenhauer ne è scacciato dal gruppo di pittori tedeschi detti Nazareni: reo d'aver insultato la nazione teutonica. Invitato da una principessa a suonare dopo un pranzo, Franz Liszt accenna a un accordo, e subito smette dicendo: «Madame, il pasto è pagato». Vi si serviva «per 13 centesimi un caffè buonissimo» (Stendhal); John Gibbons vi andava ogni mattina; del resto, parecchi stranieri abitavano attorno. Il luogo conserva ancora una collezione di 300 dipinti; Renato Guttuso ne ha eternato l'interno affollato; e una foto resta famosa; ritrae tutto un gruppo d'intellettuali seduti. Per i curiosi, sono, da sinistra, Palazzeschi, Petrassi, Mirko Basaldella, Carlo Levi, Fazzini, Afro Basaldella, Vespignani, de Libero, Penna, Lea Padovani, Orson Welles, Mafai, Flaiano, Brancati e Tamburi. Ah, quei tempi; e anche quella Roma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA