Quando Montecitorio era un rudere

Quando Montecitorio era un rudere
di Fabio Isman
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Domenica 11 Febbraio 2018, 12:36 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 11:06
Tra breve, andremo a votare; ed eleggeremo anche i 630 deputati. Molti tra loro varcheranno per la prima volta, almeno nel ruolo, il palazzo di Montecitorio. Senza però conoscerne la storia: che è remota, e perfino abbastanza divertente. È eretto, su edifici preesistenti, nel 1653: secondo alcuni, Innocenzo X Pamphili vuole un palazzo per l'influente sua cognata (e, probabilmente, anche qualcosa d'altro) Olimpia Maidalchini, personaggio tra i meno amati in tutta Roma. Due anni dopo, però, il papa muore; non ci sono quattrini, e tutto resta, per 40 anni, allo stato di «precoce rudere». Per altri, lo iniziano invece i Ludovisi; quisquilie: a lungo è, comunque, un'incompiuta di Bernini. È soltanto un altro Innocenzo, il XII, un Pignatelli che è eletto dopo cinque mesi di conclave, a rioccuparsene, nel 1694: lo affida a Carlo Fontana. Ne voleva trarre prima un ospizio; poi la sede delle Dogane pontificie; infine quella dei Tribunali: appunto, la Curia Innocenziana.

PRIMA SEDUTA
Secondo l'architetto, fin dai tempi di Servio Tullio qui venivano convocati («citati») i romani, per eleggere le magistrature; per altri, invece, vi venivano scaricati («mons acceptorius») i materiali della bonifica di Campo Marzio. Anche stavolta, quisquilie. Sta di fatto che il luogo svolge egregiamente le proprie funzioni per 173 anni. Dal 1743, ogni due settimane dal balcone, erano estratti anche, pubblicamente, i numeri del Lotto. Arriva l'Italia Unita. E occorrono edifici per le sue istituzioni. In gran fretta, nel 1871, vi si stabilisce appunto la Camera dei Deputati. Pensa a tutto un funzionario esperto di ferrovie, Luigi Comotto: ricopre il cortile con un tetto a vetri, in legno l'aula. Ma non fa a tempo per luglio, come previsto. Prima seduta, il 27 novembre 1871, in un ambiente alquanto precario. Ne era presidente Antonio Mordini: per il freddo della sala, autorizza a «tenere il cappello in testa, non lasciare il paletot, e sedere con la sciarpa al collo»; era poco più di una baracca, tinta in rosso pompeiano. Comotto ne ricava però tremila lire di regalia e un orologio d'oro.

Dura per 27 anni, e nel 1898 minaccia perfino di crollare: tutti in un altro salone, clamorosamente insufficiente. L'edificio non basta alle nuove esigenze: Francesco Crispi, nel 1876, vorrebbe innalzare, a via Nazionale, un immobile enorme, per entrambe le Camere; una spesa di 100 milioni, e non se ne fa nulla. Meglio ampliare il preesistente. Così sorge un palazzo gemello, ed unito a quello vecchio. Ne è incaricato Ernesto Basile, e ci vogliono 24 anni, fino al 1927, per completarlo. Era anche un immenso arredatore di navi, maestro del liberty: sue l'Ausonia, l'Esperia, lo yacht dei Florio. Spiega Maria Paola Maino: «Progettava i mobili più originali in Italia»; spesso, creati a Palermo, dalla Ducrot. Il punto di sutura tra i due edifici è un suo grande corridoio, chiamato, e non per caso, Transatlantico. Arricchisce e nobilita la nuova aula lo smisurato fregio di Giulio Aristide Sartorio, 50 tele ad encausto alte quattro metri, e lunghe 105: vi lavora dal 1908 al '12, sono a 19 metri d'altezza; modelli nudi maschili, e donne nei loro pepli. Rappresenta «le vicende e il destino» degli italiani; l'autore li dedica ai deputati.

CURIOSITÀ
Ci mostra le virtù personificate. Il nuovo edificio s'inaugura il 20 novembre 1918: appena 16 giorni dopo il «Bollettino della Vittoria» firmato Diaz (e, nel Nord-Est, molti, nati allora, vengono battezzati proprio Firmato, credendolo il nome del generale). Sulla parete di fondo resta L'apoteosi dei Savoia, rilievo in bronzo di Davide Calandra, 1911. Nel Salone della Lupa è stato proclamato il referendum del 1946, che ha fondato la Repubblica; i lampioni antistanti sono i residui di quelli che nell'Ottocento arredavano la Piazza Colonna: il papa autorizza l'illuminazione a gas nel 1847; nel 1892 la corrente elettrica arriva da Tivoli, e lo ricorda ancora una lapide, a viale del Policlinico 131. La superficie dell'emiciclo dell'aula è di 780 metri quadrati, 1.090 con le tribune: il doppio della Scala di Milano. Ma questo è il teatro della politica.
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