Sgomberi a Roma, salta il piano lumaca voluto dalla Raggi

Sgomberi a Roma, salta il piano lumaca voluto dalla Raggi
di Lorenzo De Cicco
3 Minuti di Lettura
Venerdì 26 Luglio 2019, 08:55 - Ultimo aggiornamento: 08:56

Dallo show anti-CasaPound della mattinata, per intimare la rimozione della scritta abusiva nel palazzo occupato all'Esquilino, al cortocircuito delle otto di sera, quando in Assemblea capitolina viene rinviata a data da destinarsi la mozione voluta da Raggi per rallentare ancora gli sgomberi. Nel mezzo, una giornata sull'ottovolante per la sindaca grillina che martedì scorso dava già per certa l'approvazione in Comune del suo piano: «Sarà votato oggi», diceva per l'appunto martedì, proponendo di demandare la gestione degli sfratti a un nuovo organismo, l'ennesimo «Tavolo interistituzionale» con dentro tutti - il governo, la Regione, l'ex Provincia... - per dilatare ulteriormente il calendario già oltremodo annacquato partorito dal Comitato per l'ordine pubblico, che prevede lo sgombero di 25 palazzi nel tempo biblico di 7 anni.

Quell'alleanza di comodo che allontana gli sgomberi

Raggi però vorrebbe altro tempo ancora. Filosofia che peraltro cozza col blitz-spettacolo della mattinata. Perché se si annacqua ancora il piano prefettizio, il risultato è che si rallenta indirettamente anche lo sfratto di CasaPound, dato che l'indirizzo di via Napoleone III, occupato illegalmente dall'ultradestra nel 2003, nemmeno fa parte della lista dei 25 interventi «prioritari», ma è nel più largo elenco degli 82 palazzi occupati in città.

Raggi aveva chiesto ai suoi di votare la proposta del «Tavolo interisitituzionale» già martedì. Invece, dopo un primo slittamento alla seduta di ieri, a mezz'ora dalla fine del Consiglio comunale, la conferenza dei capigruppo ha votato per rinviare tutto ancora. Stavolta senza nemmeno fissare una nuova data. «Non c'è tempo per discutere, avremmo dovuto accorciare gli interventi dei consiglieri», la spiegazione ufficiale. Ma in realtà la lacerazione è anche e soprattutto politica. Il capogruppo M5S, Giuliano Pacetti, e la reggente dell'Aula, Sara Seccia, anche lei grillina, hanno detto sì allo slittamento, contraddicendo quanto promesso dalla sindaca solo tre giorni fa. E lasciando scontenti diversi stellati. Il Pd aveva proposto una mozione unica ai grillini, ma si è sentito dire di no. Per ora esultano solo Fdi e la Lega.

LE CONTESTAZIONI
La giornata di Raggi era cominciata al mattino presto, quando con la Municipale si è presentata di fronte al palazzo occupato da CasaPound. Contestando la scritta di marmo abusiva. «O la rimuovono entro dieci giorni oppure lo faremo noi», le parole di Raggi. Per essere precisi i verbali sono quattro. La polizia locale, insieme alla Digos, ha consegnato provvedimenti che contestano a Simone Di Stefano, responsabile legale dell'associazione, l'insegna di marmo senza autorizzazione (contravvenzione di 100 euro), lo striscione non autorizzato (altri 300 euro di sanzione) e la violazione della Cosap perché l'insegna non è mai stata autorizzata, 120 euro. Per l'esposizione dello striscione è anche chiamata in causa la violazione di una norma del codice della strada. Gianluca Iannone, presidente di CasaPound, dice che «l'insegna non si toglie che giochino pure a perdere tempo, noi non ci muoviamo da qui», Simone Di Stefano aggiunge che presenteranno il ricorso al Tar, che se la vogliono togliere ci pensi il Comune, a sue spese.

© RIPRODUZIONE RISERVATA