Rifiuti, l'agonia Capitale: gli errori del Campidoglio

Rifiuti, l'agonia Capitale: gli errori del Campidoglio
di Mauro Evangelisti
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Sabato 20 Aprile 2019, 09:12

A quasi tre anni dal suo insediamento la sindaca Virginia Raggi non ha realizzato o iniziato un solo impianto per i rifiuti; non ha riorganizzato l'Ama che ogni giorno si trova con il 50 per cento di mezzi fermi e l'ha condannata al caos, cambiandone i vertici a un ritmo quasi comico; ha puntato tutto sulla differenziata che invece non è aumentata, ha sguarnito di uomini molti quartieri che così sono sempre più sporchi. E si è aggravata la dipendenza della Capitale dagli impianti di altre regioni. Eccole, in sintesi, le ragioni del fallimento della Raggi sul fronte della gestione dei rifiuti; ecco perché Roma, al di là di topi, gabbiani e cinghiali, non è mai stata così sporca.

I romani ogni anno pagano oltre 700 milioni di euro per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, eppure ciclicamente si formano cumuli di spazzatura sui marciapiedi. Ama, un'azienda da 7.800 dipendenti, non ha impianti: anzi, ne ha solo uno, vecchio e malandato che tratta la spazzatura prima di mandarla negli inceneritori e nelle discariche. Roma non ha né inceneritori, né discariche: è ostaggio degli impianti di altre province, regioni, nazioni. Di Maio un anno fa andò in tv a dire «la Raggi sta costruendo tre nuovi impianti». Non era vero. A Roma, da quando è stata chiusa la discarica di Malagrotta (2013), l'enorme buca che inghiottiva ogni cosa, è tutto fermo. Marino aveva presentato un progetto per un ecodistretto a Rocca Cencia, quando la Raggi è arrivata lo ha ritirato. Da allora è tutto bloccato, malgrado le sollecitazioni e la mediazione del Ministero dell'Ambiente (anche prima del governo giallo-verde). Anzi: ora l'Ama ha uno stabilimento in meno, perché l'impianto di trattamento, quello di via Salaria, è andato a fuoco a dicembre ed è stato perduto per sempre. Gli unici progetti - sulla carta e in attesa di autorizzazioni e finanziamenti - sono per due impianti di compostaggio. Quando saranno pronti? Se andrà bene a fine legislatura, sono utili ma non risolvono neanche lontanamente i problemi di Roma. I rifiuti che restano per strada sono, in gran parte, quelli indifferenziati; se mai saranno costruiti da un'azienda che si trova con le linee di credito congelate dalle banche perché l'ultimo bilancio approvato è del 2016, i due impianti di compostaggio devono invece lavorare solo la frazione organica della differenziata. Detta in numeri: Roma produce circa 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti all'anno (la Raggi aveva promesso di diminuire la produzione di rifiuti, invece è aumentata); di queste, circa 900 mila tonnellate sono di indifferenziato: devono passare negli impianti di trattamento, nel Lazio appena sufficienti. Ma anche se tra l'ultimo impianto di Ama, più quelli di Malagrotta (dove ci sono due tmb del gruppo Cerroni), province di Latina, Frosinone, Viterbo e Abruzzo, si riesce nel miracolo, la crisi comincia dopo, perché ciò che viene prodotto deve andare in discarica e negli inceneritori. La linea talebana della Raggi è: mai inceneritori, mai discarica, risolveremo tutto con la differenziata. Bellino da scrivere sui post su Facebook, ma non funziona. Spiega il presidente dell'Iswa, Antonis Mavropoulos: «Giusto potenziare la differenziata, ma resterà sempre una parte di indifferenziato per il quale servono impianti di smaltimento».

Da anni va avanti il balletto Raggi-Regione Lazio su chi dovesse indicare le aree per la discarica, alla fine il Ministero dell'Ambiente ha certificato che deve farlo la Città Metropolitana (guidata dalla Raggi). Ma intanto il tempo è passato, Roma non ha una discarica, quella che sta usando a Colleferro chiuderà a fine anno. Sul fronte degli inceneritori, a parole in Campidoglio dicono che sono il male assoluto, però poi portano i rifiuti nell'unico impianto di quel tipo presente nel Lazio, a San Vittore, e il resto in quelli dell'Emilia-Romagna e la Lombardia. Si dirà: va bene, sull'indifferenziato c'è il buco nero, ma vola la differenziata. No. Lo sforzo al VI e al X Municipio con un porta a porta spacciato per miracoloso ha sì aumentato in quelle aree la percentuale di differenziata, ma allo stesso tempo ha sguarnito gli altri territori di uomini e di mezzi e così - per ammissione dello stesso Campidoglio che in questo modo ha giustificato la rimozione di Bagnacani - la performance finale è finita al 44 per cento, meno dell'anno precedente. Altra, gravissima, responsabilità della Raggi: nei suoi quasi tre anni di gestione è riuscita a inanellare 3 assessori ai Rifiuti (Muraro, Montanari e quello che prima o poi sarà nominato); 5 presidenti dell'Ama (ha trovato Fortini, lo ha sostituito con Solidoro che dopo pochi mesi se ne è andato ed è arrivata Antonella Giglio, cacciata per prendere Bagnacani cacciato dopo un anno e mezzo; ora ha affidato l'azienda a Bagatti ma presto ne nominerà un altro); ha preso e costretto a dimettersi un direttore generale (Bina). È record. Omologato.
 

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