Ama, Bagnacani: «Troppi lati oscuri, il Campidoglio come un ring»

Ama, Bagnacani: «Troppi lati oscuri, il Campidoglio come un ring»
di Lorenzo De Cicco
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Giovedì 21 Febbraio 2019, 09:07 - Ultimo aggiornamento: 13:40

«Alleggerito? Macché, io sono un guerriero, quindi mi trovo a disagio fuori dal ring». Lorenzo Bagnacani non si sente sollevato ora che la grana Ama non è più affar suo, rimosso dalla poltrona di presidente e ad della società dei rifiuti da Virginia Raggi - la stessa che lo aveva scelto, nel maggio 2017 - al culmine dello scontro col tandem Lemmetti-Giampaoletti, assessore al Bilancio il primo, diggì del Campidoglio il secondo, per i 18 milioni di vecchi crediti che il Comune non ha voluto riconoscere alla sua partecipata. Una vicenda su cui ora indaga la Procura, ipotizzando il reato di tentata concussione per tre dirigenti comunali, accusati di avere pressato proprio Bagnacani perché rinnegasse quei crediti e chiudesse il bilancio in negativo.

Ecco allora il «ring» di cui parla l'ad appena defenestrato, quello del Campidoglio, che già l'ex assessora all'Ambiente Paola Muraro aveva descritto come il terreno di «una guerra tra bande». Bande a 5 stelle. «Un ring tosto? Come si dice, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare, ma purtroppo mi hanno messo fuori campo...», scherza Bagnacani, manager emiliano, vicino a Beppe Grillo come l'ex assessora Pinuccia Montanari, una solida carriera nel mondo delle partecipate dei rifiuti, a partire dall'Amiat torinese.

«Leggendo i giornali, mi viene da dire che i dubbi che noi avevamo sono stati confermati dalla Procura - ragiona Bagnacani - Dirò la verità, noi ci siamo sempre interrogati, in questi mesi, di ogni passo che stavamo compiendo, con grande autocritica. Ma ogni passo ci dava delle ragioni molto forti. Quindi oggi nel vedere questi articoli sui giornali (sull'indagine a carico di Giampaoletti, ndr) trovo molta coerenza con il quadro della situazione che noi ci eravamo fatti e lo dico senza presunzione».

Il pressing del Comune? Le contestazioni per togliere i 18 milioni dal bilancio aziendale approvato dal Cda e mai ratificato dalla giunta Raggi? «Noi abbiamo sempre parlato di aspetti tecnici - dice Bagnacani - altri invece di un quadro che aveva un profilo, come dire, oltre il tecnico, come abbiamo ben percepito. E questa è la parte più dark, oscura, di questa storia. Una storia triste».

Bagnacani non è tipo che insegue la ribalta. «In tutta la mia permanenza a Roma non ho mai voluto parlare coi giornalisti. Nell'interesse dell'azienda - confida - ho sempre valutato che il piano mediatico non dovesse accompagnarci, almeno per quanto riguarda noi vertici, anche se da quel punto di vista si poteva fare di più, certamente», concede. Ma «appena arrivato» al timone del colosso dei rifiuti, 8mila dipendenti, la più grande partecipata del settore in Europa, dice l'ex presidente, «l'urgenza era un'altra, era tutto da costruire. E nel tempo che abbiamo avuto a disposizione credo che siamo riusciti a realizzare alcune cose, raccontando gli avanzamenti che siamo riusciti a fare. Penso di essermi comportato in modo rigoroso, per fare sempre gli interessi dell'azienda e mai i miei personali».

Certo, tante cose non sono andate come da programma. La differenziata arranca, l'assunzione di centinaia di netturbini, fondamentali per svuotare i cassonetti, è bloccata proprio per lo stallo sul bilancio. Il ring. «Finora ho sempre pensato che fosse meglio star zitti che parlare dei contrasti interni», rimarca l'ex ad. Contrasti che però, sottotraccia, c'erano, eccome, anche prima che implodessero. «Ecco appunto, ci mancava solo che ci mettessimo a commentarli noi...». Uomo schivo, ma schietto, Bagnacani ha ancora qualcosa da dire. Ma non subito, tra qualche giorno. L'ultimo gancio sul ring di una partita andata com'è andata. «Non mi piace parlare, quello è il mestiere dei politici, di sindaci e assessori. Farò solo una conferenza stampa, presto. Poi faccio la valigia e me ne vado».

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