Il poliziotto infedele che copriva gli Spada. Antonio Franco, dirigente del commissariato di Ostia dal 2009 al 2016, è stato condannato a nove anni di carcere dai giudici dell’ottava sezione collegiale del tribunale di Roma. Nei suoi confronti le accuse erano di corruzione, rivelazione del segreto d’ufficio, soppressione di atti, falso e violazione del codice in materia di protezione dei dati personali. Una vicenda iniziata nel 2015, nel periodo più buio per Ostia, in piena emergenza mafia e con l’ex presidente del Municipio, Andrea Tassone arrestato per corruzione. Anni in cui i clan avevano trovano una certa «permeabilità» nelle istituzioni, come scrissero all’epoca dei fatti i magistrati di piazzale Clodio. E Franco non fu da meno. Il 29 luglio del 2016, l’ex capo del commissariato Lido di Roma era finito ai domiciliari dopo le indagini portate avanti dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Capitale. Un’accusa che suona come un macigno per tutti coloro che con orgoglio e dignità indossano la divisa: quella di aver dato copertura ai clan. Agli Spada, soprattutto.
LA STORIA
Una storia di slot machine - dalle carte emerge come il dirigente di polizia avesse quasi un’ossessione per il gioco d’azzardo - ma anche di bustarelle.
L’INCHIESTA
Nell’inchiesta dell’epoca finirono oltre dieci persone: tra gli indagati, anche alcuni appartenenti alle forze dell’ordine vicini a Carfagna, definito dagli inquirenti «socialmente pericoloso e inserito in un contesto criminale lidense di indubbio spessore». In cambio dei “favori”, Franco chiedeva soldi, a partire dal pagamento di quattromila euro dell’affitto dell’appartamento locato dall’ex dirigente di polizia. Il poliziotto, poi, avrebbe mentito anche nelle relazioni di servizio, fingendo appostamenti, violando il sistema informatico per garantirsi l’impunità e costruirsi alibi, e anche gonfiando le ore di lavoro per aumentare il lavoro “straordinario”. Poi, c’è la condotta «contra legem» dei soggetti con cui Antonio Franco è venuto in contatto». «Mauro Carfagna - scrivono i giudici - passa da Roberto Pergola, ossia la Banda della Magliana, a Ottavio Spada, detto Marco, per ottenere, nei suoi locali, protezione, e, probabilmente, flussi di denaro». Una storia che potrebbe essere il soggetto di una fiction criminale. Ma dove di finzione non c’è nulla.
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