Vivi Bistrot sfrattato da Villa Pamphili, il parco rimane senza bar: "pasticcio" del Comune

Vivi Bistrot sfrattato da Villa Pamphili, il parco rimane senza bar: "pasticcio" del Comune
di Laura Bogliolo
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Martedì 10 Dicembre 2019, 11:09

Villa Pamphili resta senza bar e senza bagni. È l'ultimo pasticciaccio del Campidoglio che a gennaio sfratta il Vivi Bistrot senza però trovare un'alternativa. La storia è molto semplice: nel dicembre del 2015 è scaduta la convenzione tra il Comune e il locale. I gestori hanno tentato in ogni modo negli ultimi quattro anni di contattare il Campidoglio per chiedere la pubblicazione di un bando per l'assegnazione dell'area. Nessuna risposta c'è mai stata. E neanche la gara è stata fatta. Intanto però il 3 gennaio il ristoro chiuderà.

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IL BLOCCO
Per molti romani il locale «è l'unico presidio di legalità nella storica villa» preda da tempo di sbandati e senzatetto. Più volte le Serre ottocentesche, ad esempio, sono state occupate e poi sgomberate, una storia di degrado e di abbandono conosciuta anche dagli spazi sotto il ponte pedonale Artemisia Gentileschi Lomi. Proprio qualche giorno fa i vigili urbani hanno nuovamente liberato l'area, presa di mira da sbandati, trasformata in un rifugio, una favela insomma. Sono molti, dopotutto, i casali storici lasciati all'abbandono, a cominciare dal Casale dei Cedrati e dal Casale Rosso. Atti di vandalismo, furti e scippi sono la quotidianità nella parco e da anni i frequentatori chiedono più controlli e più sicurezza. C'è poi il tema dei bagni pubblici. «L'unico posto dove funzionano è il locale, un'oasi per chi frequenta villa Pamphili» dicono gli appassionati dell'immenso parco.

L'ABBANDONO
I gestori del locale pagano ogni mese al Campidoglio oltre 3.500 euro al mese. Dietro al pasticciaccio del Comune ci sarebbe un problema ancora più grave. «Da quello che sono riuscita a capire - dice Cristina Cattaneo che insieme alla socia Daniela Gazzini gestisce Vivi Bistrot - il bando non si può fare fino a quando non viene approvato un nuovo regolamento sul patrimonio del Comune, l'ultimo risale al 1983 e nel 2014 era in via di scrittura». Cattaneo e Gazzini nel 2008 hanno rilevato la Srl che aveva la concessione. Hanno investito circa 300 mila euro nell'attività dando lavoro a una decina di persone e l'assenza del bando, ovviamente, mette in pericolo anche il posto dei collaboratori del bar. «Noi siamo molto d'accordo con l'assegnazione dell'area tramite la pubblicazione del bando, noi vogliamo lavorare nella legalità anche perché non è facile per un imprenditore programmare un anno di lavoro se non si è sicuri del proprio futuro - aggiunge Cattaneo - Tre giorni fa è arrivata la notifica di sgombero, ci danno 30 giorni di tempo per andare via».

Molti romani temono soprattutto l'abbandono dello stabile che potrebbe presto diventare preda di sbandati e dell'ennesima occupazione abusiva e la petizione lanciata due giorni da dalle imprenditrici ha raccolto 8 mila adesioni. «In quattro anni la giunta Raggi non è stata neppure in grado di scrivere un bando. Ad oggi il locale è l'unico spazio ristorativo nella villa, peraltro con l'unico bagno pubblico: gli altri infatti sono chiusi sempre a causa dell'inerzia dell'amministrazione capitolina» denuncia Lorenzo Marinone, consigliere Pd nel XII Municipio. Gli appassionati di Villa Pamphili intanto hanno organizzato una petizione online che ha già totalizzato 12 mila firme. Non tutto sembra perduto. A giorni infatti è previsto un incontro tra l'Amministrazione e i gestori del locale per valutare possibili percorsi da intraprendere «Sebbene il Comune abbia legittimamente le sue ragioni poiché sono scaduti i termini di affitto dal 2015, gli ultimi gestori in applicazione della delibera 140/2015 hanno fatto richiesta presso il Dipartimento patrimonio dell'indizione di un bando pubblico per la riassegnazione del bene» ha commentato Andrea De Priamo, capogruppo di FdI in Campidoglio.

 

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