Virginia e il Pd, lo strano flirt tra gara e prove di alleanze

Virginia e il Pd, lo strano flirt tra gara e prove di alleanze
di Simone Canettieri
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Venerdì 10 Maggio 2019, 08:29 - Ultimo aggiornamento: 12:33

«La verità è che dopo una prima sofferenza nei confronti di Salvini, il M5S ha provato a smarcarsi e a imporsi con un'agenda diversa. Poi però ci sono state le critiche dei vertici pentastellati per Casal Bruciato, ma Virginia, l'altro giorno, ha fatto semplicemente la cosa giusta. Sono contento che dopo 24 ore sia Conte sia Di Maio abbiano apprezzato il suo gesto, dopo un primo, presumo, cortocircuito». Da Venezia, dove sta partecipando alla Biennale, Luca Bergamo, vicesindaco della Capitale e anima di sinistra della giunta Raggi (in virtù di una lunga militanza nel modello Roma), entra nel cuore della faccenda: «In questa fase - dice Bergamo a Il Messaggero - l'unico modo per riprendere quota e consensi è chiaro: andare nel campo della sinistra, i voti da contendere si trovano lì. E il sociale e le politiche culturali devono essere le nostre rampe di lancio, lo dico in maniera sbrigativa, perché il concetto è più ampio. Ma di questo bisogna parlare».

Bergamo e Raggi la pensano alla stessa maniera, così come il resto della giunta. Che tutto questo sia poi propedeutico un domani a un'alleanza con il Pd è presto dirlo. In molti ci pensano. E forse Raggi, per le critiche che attira su di sé come sindaco, potrebbe essere la porta d'ingresso sbagliata. Di sicuro, le affinità elettive tra il M5S i dem ci sono: passano dai valori della Resistenza e arrivano fino allo sgombero della sede di CasaPound, sfumando sull'uso della cannabis, le critiche al decreto Sicurezza, fino al salario minimo e alla visita della grillina mercoledì scorso a Casal Bruciato. Ovvero: la scintilla. La nascita di un'eroina a sinistra, di un «populismo democratico» che piace assai in Campidoglio: Virginia che sfida i fascisti. Una mossa, apprezzata non a caso anche dal neo segretario del Pd Nicola Zingaretti. Il quale prima ha espresso «solidarietà» incondizionata alla Raggi e poi, ieri, è ritornato sull'argomento con una posizione più articolata: «Ha fatto bene a presentarsi, ma non si può andare in questi quartieri solo quando esplode la protesta».

LA COMPETIZIONE
La sfida è servita: non sovrapporsi, pur pestando l'acqua nello stesso mortaio. E dunque far passare quelli del Pd come la casta («Vogliono aumentare gli stipendi dei parlamentari, sono tutti indagati!!!!», secondo la narrazione grillina) e viceversa i pentastellati come gli utili idioti al servizio del Capitano («Chi vota M5S, vota Salvini», è lo slogan non a caso della campagna social del Nazareno). Salvo poi andare a sovrapporsi su temi uguali.

In mezzo a questa sfida ci sono le intese e i punti di contatto, appunto. Le convergenze per il momento passano sempre dalla Capitale. Raggi l'altro giorno si è presentata nella casa regolarmente assegnata alla famiglia rom con il vescovo ausiliario di Roma, Giampiero Palmieri, e il direttore della Caritas, Don Ben Ambarus. Protagonisti e pezzi di Chiesa molto attivi sul sociale, che hanno iniziato a dialogare con il M5S, dopo i solidi rapporti con il Pd. Mondi che guardano a Papa Francesco come modello (al contrario di quelli cari per esempio a Matteo Salvini e soprattutto a Lorenzo Fontana). E proprio il pontefice lo scorso 26 marzo ha onorato la sindaca con una visita storica in Comune, salvo infierire troppo sulla situazione in cui versa la Capitale. Un rapporto solido, costruito passo dopo passo. Che colloca Raggi a sinistra del M5S, in compagnia di Roberto Fico ma anche di Beppe Grillo che ha sempre teorizzato il ruolo dei grillini come «argine agli estremismi».
In questa partita però, c'è anche Luigi Di Maio, con un'impostazione per quanto post-ideologica, solidamente moderata e da sempre mai incline ai simboli di sinistra.

Il Capo 5 Stelle è stato il primo a smarcarsi, dopo mesi, dalla morsa di Salvini, andando sempre alla ricerca di temi identitari con un risvolto polemico nei confronti delle «forzature» dell'alleato della Lega. Da qui è nato il derby interno e la caccia del vicepremier ai voti in uscita diretti di nuovo (forse) verso il Pd. Ma il ruolo di Raggi - nuova donna coraggio attenta ai diritti delle minoranze - ha spiazzato il leader. Costretto a subire la potenza mediatica del gesto più che l'atto in sé. Una competizione interna al M5S che però presto avrà la prova del nove: la politica d'accoglienza del Campidoglio alzerà la media elettorale dei grillini alle Europee rispetto al resto d'Italia o farà risorgere il malandatissimo Pd romano? Dopo gli abboccamenti, si metteranno i pesi sulla bilancia. Poi si vedrà.

 

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