Con una nota l’Istituto Nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani, ieri ha allertato tutti gli ospedali della Capitale: «È stato identificato a Roma il primo caso italiano di vaiolo delle scimmie» si legge nel comunicato. Si tratta del virus Monkeypox che nelle scorse settimane era stato registrato già in Europa e negli Stati Uniti. Ora negli ospedali della Capitale l’attenzione è altissima e si preparano ad attivare nuovi protocolli. A partire dai medici dei pronto soccorso che hanno ricevuto le prime indicazioni. Perché l’obiettivo è individuare i casi sospetti dell’infezione e isolarli. Dunque una nuova procedura per i camici bianchi: «Febbre alta e cefalea sono alcuni dei sintomi dell’infezione del vaiolo così come il gonfiore dei linfonodi. Quindi per i medici di pronto soccorso, il primo campanello d’allarme sarà questo» spiega Giulio Maria Ricciuto, direttore di medicina d’emergenza della Asl Roma 3 e presidente Simeu (Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza). Ancora: «Il personale di primo soccorso dovrà prestare la massima attenzione soprattutto agli sfoghi cutanei. In particolare sul viso, sui palmi delle mani e sotto le piante dei piedi - spiega il presidente Simeu - perché con il progredire della malattia, nei primi giorni c’è la comparsa di bolle in queste zone. E sono proprio le bolle che possono aiutare il medico a individuare e confermare, in tempi rapidi, l’infezione. Si tratta infatti di eruzioni cutanee molto specifiche che ricordano le bolle della varicella o del morbillo. A quel punto l’ordine è di procedere con esami specifici di laboratorio e in caso di conferma, il paziente andrà isolato».
Il «monkeypox»
Tra le nuove direttive sanitarie sono stati suggeriti anche specifici questionari da rivolgere ai pazienti che arriveranno in ospedale con i sintomi sospetti.
«Già dalla scorsa settimana tutte le strutture sanitarie sono state allertate della nuova infezione. La diagnosi è fondamentale - aggiunge Ricciuto - si tratta comunque di una malattia curabile». I medici e le strutture sanitarie si stanno comunque preparando a una nuova emergenza. Anche se le prossime settimane saranno determinanti per capire l’evolvere della situazione. «Non sarà una nuova pandemia, la trasmissione di questo virus non è come quella del Covid. Ma c’è da prestare attenzione perché sappiamo che si trasmette per via aerea e attraverso i liquidi biologici- sottolinea il direttore Riucciuto - inoltre la direttiva in questi casi è molto chiara: i malati di vaiolo devono essere isolati e assistiti con cure di supporto durante i periodi infettivi presunti e noti». Intanto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha precisato che «la malattia spesso si esaurisce con sintomi che di solito si risolvono entro 14-21 giorni, non è molto contagiosa tra gli uomini e si trasmette attraverso l’esposizione alle goccioline esalate e dal contatto con lesioni cutanee infette o materiali contaminati».