Pittore ucciso, parla l'ex fidanzato: «E' omofobia, lo avevano già picchiato. Adesso chi sa parli»

L'ex fidanzato di Umberto Ranieri
di Marco Pasqua
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Venerdì 22 Marzo 2019, 08:33 - Ultimo aggiornamento: 11:43

«Io glielo dicevo sempre: qui non siamo in Spagna, devi fare più attenzione». Fabio Giuffrè si trovava all’estero, nei giorni in cui Umberto Ranieri è stato picchiato, a Largo Preneste e, successivamente, morto in ospedale. Con il pittore, che chiama sempre con il suo nome d’arte, Nniet Brovdi, aveva avuto una relazione durata due anni, dal 2005. Ma il loro rapporto amicale era poi proseguito, anche con contatti via social. In questi giorni, ha sfogliato le centinaia di foto che l’ex compagno gli aveva scattato. Cartelli dense di ricordi, giga di emozioni. «Posso dire, dopo tutto questo tempo, che lo conoscevo molto bene».
 



Come ha appreso la notizia della sua morte?
«Dai giornali, peraltro in ritardo, perché non ero in Italia quando è stato picchiato. Sono rimasto esterrefatto. Per me è stato un colpo molto forte, anche perché durante la nostra relazione abbiamo convissuto».
Ha letto le cronache. Conoscendo Umberto, che idea si è fatto?
«Conoscendo bene la vittima dell’aggressione, penso che si tratti di un delitto di stampo omofobo, che è una linea che ho condiviso anche con Fabrizio Marrazzo, del Gay Center. Conoscevo bene Nniet e so che era una persona spontanea, che senza nessun problema, quando si trovava per strada, se qualcuno gli piaceva, glielo faceva capire, senza mezzi termini. Ovviamente sempre in modo civile e tranquillo».



Ha cercato di fargli capire che poteva essere esposto a dei rischi?
«Certo. Gli ho sempre detto che questo comportamento era ammissibile in Paesi stranieri, più avanzati del nostro, ma da noi sicuramente no».
E lui cosa le rispondeva?
«Che non gli importava niente, che per lui andava bene così...Questo fino a quando non gli accadde qualcosa».
Ovvero?
«Qualche mese dopo la fine della nostra relazione fu vittima di un’aggressione. Mi chiamò disperato. Aveva conosciuto un ragazzo e lo aveva invitato a casa sua. Questo giovane lo picchiò in maniera selvaggia. Lo accompagnai al pronto soccorso, all’alba».
Se l’aspettava? Cosa le disse di quell’aggressione?
«Nniet era una persona solare, tranquilla. Mi guardò, con occhi straniti e mi disse che a quel ragazzo voleva solo offrire un the. Ma che lui poi lo picchiò senza motivo. Forse perché a casa sua aveva attrezzature di altissimo valore, vista la sua attività di artista multimediale».
Pensa che sia accaduto nuovamente qualcosa del genere?
«Non lo so. Io so solo che Nniet può essere considerato un nuovo Pasolini. Un Paese così arretrato, crea della situazioni in cui spesso delle persone coltivano idee omofobiche».
Dopo la fine della relazione le aveva mai parlato di altri episodi di omofobia?
«No, ma per una ragione molto semplice: non gliene fregava niente. Era un tipo spontaneo, tranquillo. Se qualcuno lo insultava, lui non gli dava importanza».
Il papà di Umberto ha lanciato un appello, affinché chi ha visto parli...
«Rompete il muro dell’omertà.
E’ stato commesso un omicidio ed è fondamentale individuare i responsabili. La zona in cui è stato picchiato Nniet è molto frequentata: immagino che qualcuno abbia visto. Io spero che venga fatta giustizia. E spero anche che venga promulgata una legge contro l’omofobia»

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