Umberto I, un infermiere dopo l'assalto: «No Green pass arrivato in ospedale ci urlava "siete degli schiavi". Poi ha colpito una collega»

L'infermiera dell'Umberto I: «Il No vax ci urlava "siete degli schiavi". Poi ha colpito una collega»
di Flaminia Savelli
4 Minuti di Lettura
Domenica 10 Ottobre 2021, 23:52 - Ultimo aggiornamento: 11 Ottobre, 10:37

«Il paziente era nella sala accettazione e fin dall’ inizio ha iniziato ad aggredirci verbalmente. Gridava: “Siete servi del potere, della dittatura. Non mi dovete toccare”. Ci siamo avvicinati per calmarlo poi è letteralmente esploso quando gli abbiamo detto che dovevamo eseguire un tampone Covid, la procedura obbligatoria per escludere o meno il virus». 

A parlare è uno dei 20 sanitari, tra medici e infermieri, che sabato era in turno di notte al pronto soccorso del Policlinico Umberto I quando un gruppo di trenta violenti “No Green pass” si è riversato nell’ospedale. Chiede di restare anonimo perché teme ritorsioni: «Alcuni di loro, degli estremisti che hanno tentato di forzare gli ingressi, mi hanno visto e sono molto spaventato» spiega. 
La miccia si è accesa intorno a mezzanotte quando uno di loro, 50enne di Agrigento, è arrivato al pronto soccorso in forte stato di agitazione. 

Roma, assalto all'Umberto I. Il direttore del Dea: «Infermiere offese e picchiate, noi da un anno e mezzo salviamo le persone»

Cosa è accaduto?
«Gli abbiamo dato una bottiglietta d’acqua.

Dopo averla aperta, l’ha lanciata contro di noi e ha colpito una collega. A quel punto la situazione è precipitata. Cercavamo ancora di calmarlo ma ci respingeva e ci spingeva. Avevo notato che aveva fatto diverse telefonate, diceva che lo stavamo tenendo prigioniero ma nessuno di noi si era reso conto che aveva chiamato i suoi amici».

Cioè?
«Eravamo ancora nella stanza dell’accettazione, c’era confusione perché continuava a urlare, a insultarci. Quando abbiamo iniziato a sentire gridare anche fuori dalla stanza: “Lasciatelo andare maledetti” e “Fateci passare”».

Video

Quindi cosa ha fatto?
«Tra i pazienti in attesa c’erano anche dei poliziotti. Erano gli agenti rimasti feriti durante il corteo del pomeriggio. Fin dai primi momenti ci hanno dato supporto. All’inizio però, lo ammetto, pensavo che quell’uomo si sarebbe calmato. Non è la prima volta che ci troviamo in difficoltà per le intemperanze dei pazienti che arrivano agitati. Ma quando sono arrivati gli altri violenti si è scatenato il caos. Gli agenti hanno subito sbarrato ogni porta e hanno chiamato i colleghi in supporto».

I rinforzi sono arrivati subito?
«Le pattuglie erano già nel piazzale quindi noi medici, insieme agli agenti che dovevano essere refertati, abbiamo messo in sicurezza l’interno del pronto soccorso. Gli altri poliziotti, invece, sono rimasti fuori. Ma sentivo le urla e i colpi ripetuti e violenti contro le porte che stavano cercando di forzare. Un inferno».

IoApro, i leader e gli aderenti al movimento che ha partecipato agli scontri a Roma (e dato assalto alla sede Cgil)

Una volta messo in sicurezza il pronto soccorso, le sono state date disposizioni?
«Abbiamo blindato il primo piano e chiuso tutte le vie di accesso. Io, come i miei colleghi, ho proseguito il turno spostandomi nei diversi reparti all’interno della struttura. Sapevo che fuori c’era la polizia e che la situazione era tesa. Abbiamo fatto tutti un grosso sforzo per mantenere la calma e la lucidità. Quando l’uomo che era qui da noi è stato portato via, tutto è tornato quasi alla normalità. I colleghi hanno poi chiesto di mettere in sicurezza anche l’ingresso nel piazzale principale e di chiudere tutto anche lì. Ero scosso e lo sono tutt’ora. Tutti abbiamo continuato a occuparci dei nostri malati».

Non ha avuto paura che provassero ancora a entrare?
«Fino alle quattro del mattino ho sentito grida e urla provenire dal piazzale. Ma dopo che è scattato l’allarme, c’era il cordone di poliziotti che ha evitato altre incursioni».

Quando ha terminato il turno cosa ha fatto?
«Sono corso a casa. Ora sto cercando di riprendermi perché le emozioni sono state fortissime. Sono molto amareggiato perché da un anno lavoro in questo ospedale, in prima linea contro il Covid, e non riesco a capire come si possa arrivare a tanto. Mi riferisco chiaramente alle aggressioni verbali e a quelle fisiche. Stavo solo svolgendo il mio lavoro e mi sono ritrovato al centro di una guerriglia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA