Roma, Tredicine e il racket bancarelle: «Cene per spartirsi le licenze»

Roma, Tredicine e il racket bancarelle: «Cene per spartirsi le licenze»
di Michela Allegri
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Venerdì 3 Maggio 2019, 08:22 - Ultimo aggiornamento: 08:23

Documenti riservati consegnati al tavolino del bar, liste di rotazione e ricorsi compilati al ristorante. Dagli atti dell'inchiesta sul racket delle licenze per bancarelle e camion-bar, emerge addirittura che il funzionario dell'VIII Dipartimento, Alberto Bellucci, sotto inchiesta insieme al suo braccio destro, Fabio Magozzi, durante gli appuntamenti fuori dall'ufficio «si è prestato a redigere per conto di Dino e Mario Tredicine ricorsi avverso i verbali contestati alle loro attività». Gli indagati sono in tutto 40, compresi sindacalisti, commercianti, i due funzionari e gli esponenti della famiglia Tredicine, appunto, la lobby del commercio ambulante romano. Le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata all'induzione indebita a dare e promettere utilità e al falso. Ma dall'informativa dei finanzieri del Nucleo di polizia valutaria e degli agenti del X gruppo della Municipale emerge anche altro. Come l'escamotage studiato dai sindacalisti finiti sotto inchiesta per avere decine di licenze da cedere in cambio di mazzette. Gli investigatori scrivono che «l'intestazione delle licenze ai commercianti stranieri avviene per mezzo dell'utilizzo fraudolento dei loro documenti». Prima di iniziare l'attività, infatti, gli ambulanti consegnano una copia delle carte d'identità alle associazioni di categoria. E la documentazione viene «riutilizzata più volte - all'insaputa dei titolari - per predisporre le istanze». In questo modo, si accumulano decine di licenze che poi vengono smerciate.

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IL FUNZIONARIO
Per l'accusa, il «trait d'union» tra gli ambulanti e il Campidoglio era Bellucci. Nell'informativa si legge che il funzionario «è conscio del potere che detiene, tanto da adirarsi ogni qual volta non viene interpellato o coinvolto in decisioni riguardanti il proprio ufficio». Come il 3 agosto 2018, quando Bellucci, intercettato, telefona a un sindacalista per chiedere notizie su una delibera del X Municipio che ha portato allo spostamento di alcuni banchi a Ostia. «Dal tenore della conversazione emerge come Bellucci veda intaccata la propria posizione di potere che gli consente di gestire su tutta Roma il commercio ambulante - chiosano gli investigatori - in quanto risulterebbe essere stato scavalcato dal Municipio». Il funzionario è adirato, confida al sindacalista «che non darà mai il proprio assenso». È categorico: «Sulle rotazioni comando io e decido io».

LE CENE
Per l'accusa, è sempre Bellucci a concordare con i sindacalisti e gli ambulanti la strategia per il mercato parallelo delle licenze. Si registrano decine di incontri, fotografati e filmati dagli investigatori. Il 31 maggio 2018, per esempio, il dirigente viene contattato da Dino Tredicine. «Verso le 8 se vedemo», dice il commerciante. «Va bene, t'aspetto», risponde Bellucci. I finanzieri, poi, li pedinano mentre raggiungono il ristorante La pineta.
Il 6 giugno i due s'incontrano di nuovo e il funzionario consegna i turni relativi alle licenze della famiglia Tredicine. «Buonasera, domani te porto quei turni», dice Bellucci al telefono il giorno precedente. In ufficio, rimasto da solo, «compila e redige alcuni atti, li ripone all'interno della propria borsa per poi terminare il servizio e incontrarsi con Dino Tredicine per la consegna», annotano gli investigatori. Il 13 giugno l'ambulante chiede un nuovo incontro «per verificare il contenuto di un atto predisposto da Bellucci» che riguarda «l'installazione dei banchi di vendita in occasione di concerti in estate». Tredicine chiede conto anche di un'altra «pratica che gli ha affidato».
 

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