Tredicine e il racket bancarelle: «Sulle licenze comandiamo noi»

Tredicine e il racket bancarelle: «Sulle licenze comandiamo noi»
di Michela Allegri
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Mercoledì 10 Aprile 2019, 08:35 - Ultimo aggiornamento: 10:09

Incontri sotto casa dei funzionari, o al ristorante, per avere in anteprima e illegalmente le liste di turnazione del commercio ambulante di Roma. Progetti per spartirsi le zone d'influenza e pretendere mazzette dai commercianti in cambio di postazioni redditizie. «Le rotazioni le gestisco io, comando io», dice intercettato il direttore dell'VIII dipartimento, Alberto Bellucci, indagato insieme al suo braccio destro, Fabio Magozzi. Mentre Mario Tredicine raccomanda a un collega di portare le licenze della sua famiglia al I Municipio, «dove abbiamo le conoscenze». Sono i giudici del Riesame a tratteggiare i contorni dell'inchiesta sul racket delle autorizzazioni per il commercio su strada, gestito, per l'accusa, da due funzionari del Campidoglio, politici, sindacalisti ed esponenti della famiglia Tredicine, appunto.

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TRE LIVELLI
Un sistema su tre livelli. Al primo, c'erano Bellucci e Magozzi, in grado di controllare le assegnazioni dal Comune. Poi, c'erano i referenti delle associazioni di categoria, come Vittorio Baglioni, presidente Fivag, con Dino e Mario Tredicine. Indagato anche Maurizio Di Veroli, presidente dell'associazione Rotazione B. Sono tutti accusati di associazione a delinquere finalizzata al falso e all'induzione indebita a dare e promettere utilità. Altri sei ambulanti sono anche indagati per estorsione. Per gli inquirenti, rappresentano il terzo livello della cricca: si occupavano del recupero crediti, ricorrendo anche alle minacce. Le postazioni venivano pagate secondo un vero e proprio tariffario, fino a 60mila euro annui. A incastrare la cricca, le intercettazioni. «Noi c'avemo amici al dipartimento, non te preoccupà, a noi ce timbrano», dice un ambulante indagato.

Le conversazioni emergono dalle motivazioni con cui il Riesame ha annullato il sequestro delle somme in contanti trovate a casa di Gian Luca Todde e Mamun Kazi, considerato il «cassiere del gruppo». Entrambi sono accusati di estorsione, ma per i giudici non c'è la prova che i soldi custoditi in casa siano il provento di attività illecite. I due si legge facevano parte dell'associazione a delinquere e «avevano il compito di esigere dai commercianti somme di denaro», secondo un tariffario e «con la minaccia larvata che se non si soggiaceva al sistema non si ottenevano postazioni redditizie». A indirizzarli erano i sindacalisti, compresi i Tredicine, «che usufruivano di una posizione dominante nella spartizione della turnazione». Il tutto con «la compiacenza dei funzionari».

IL DIPARTIMENTO
A gestire turnazioni e licenze, l'VIII Dipartimento del Campidoglio, diretto da Bellucci. Il Riesame sottolinea che il funzionario «in modo abusivo spadroneggiava nello svolgimento dei compiti affidatigli». Tanto che, intercettato, esclama: «Sulle rotazioni comando io e decido io». Era Magozzi, definito dai giudici la «longa manus di Bellucci», a consegnare «sotto la propria abitazione i turni di lavoro ai sindacalisti». Dalle indagini è emerso anche che «i funzionari predisponevano le correzioni sulle turnazioni secondo i diktat dei rappresentanti di categoria». E spesso evitavano di infliggere sanzioni e omettevano i controlli. Le intercettazioni documentano anche i rapporti tra i funzionari e Dino Tredicine. Il 16 luglio 2018, per esempio, Tredicine incassa da Bellucci la promessa di «non bloccare i turni di rotazione nonostante le irregolarità riscontrate».

LE ESTORSIONI
Sono sempre le conversazioni captate a tratteggiare i contorni delle estorsioni e delle minacce. Gli ambulanti indagati «si accordano in modo frenetico per decidere a quale prezzo cedere le piazzole» e per spartirsi le zone d'influenza, scrive il Riesame. Kazi, il 20 aprile, commenta con un altro indagato: «Prendi i soldi per me e per te». Il 23 aprile pianifica la ripartizione delle soste in via Tuscolana. Mentre il giorno dopo lui e il socio pensano di «bloccare gli affitti». Non vogliono concedere nessuna piazzola a un ambulante «perché se non sta male è inutile». Un modo, secondo i giudici, «per fare capire alla vittima che se non sottostà ai loro diktat non ottiene nulla». Si discute anche dei prezzi: «Marconi deve girare 80 minimo, devi alzare tutti i prezzi», dice un ambulante indagato. L'interlocutore risponde: «Io ai nostri ho segnato 90, noi le soste le vendemo alte». E se i patti non vengono rispettati? «Tocca comincià a bastonà sta gente».
 

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