Università, la carica dei novemila a Roma: sogni e termoscanner per aspiranti matricole

Università, la carica dei novemila: sogni e termoscanner per aspiranti matricole
di Laura Larcan
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Giovedì 30 Luglio 2020, 09:03

«Guarda il tuo futuro». È la frase che campeggia all'ingresso del Salone delle Fontane all'Eur che ospita l'attesa giornata di prove per aspiranti matricole dell'università Luiss. Sogni, aspirazioni, volti segnati dalla tensione emotiva, ma anche i protocolli di sicurezza che scandiscono i test selettivi per i giovani candidati. Fuori, i genitori in trepida attesa, dentro, all'insegna del distanziamento fisico, gli studenti che sperano di entrare ai corsi di Economia e Finanza, Impresa e management, Scienze Politiche e Giurisprudenza. È il debutto della due giorni d'esame in presenza che la Luiss mette in campo ai tempi del Covid a Roma e in contemporanea in altre sei città d'Italia. Una scommessa per 1007 candidati complessivi. Ordinati, scrupolosi, concentrati, i ragazzi hanno affrontato tutte le procedure di accoglienza ai test. Il cordone esterno a segnare le distanze, i termoscanner per le temperature, le barriere in plexiglass, le mascherine. E i banchi disposti nelle monumentali sale. Non un fiato. Settanta domande in novanta minuti. Oggi si replica.

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LA SFIDA
Una sfida per la Luiss, ripartire dopo il lockdown con la strategia speciale di articolare le prove in presenza in più città contemporaneamente: «Abbiamo voluto con forza che i test per i nostri corsi di laurea avvenissero in presenza fisica a Roma e in altre città, in modo da limitare gli spostamenti ai ragazzi - dichiara Giovanni Lo Storto, direttore generale della Luiss - L'università può cominciare a pensare di svolgere in sicurezza le attività in presenza tant'è che da settembre le matricole avranno una presenza fisica in aula per il 70% delle lezioni e i corsi di laurea successivi al primo anno avranno una presenza in aula per il 50%».
Come si affrontano i test ai tempi del Covid? « È una grande impresa perché abbiamo dovuto rispettare le disposizioni governative per essere cauti e sicuri che le potenziali matricole potessero affrontare i test in massima tranquillità», precisa il rettore Andrea Prencipe.

I CAMICI BIANCHI
Autodichiarazioni alla mano termoscanner e bottiglietta d'acqua, comincia il cordone umano alla Fiera di Roma. Si cerca l'ombra, soffia un fiato di vento da Maccarese e aiuta la lunga marcia degli aspiranti medici. I protocolli di sicurezza alla Fiera di Roma sono orchestrati nel dettaglio. Li monitora con scrupolo Lorenzo Cecchi direttore della sede romana dell'università Cattolica Sacro Cuore. Due sessioni di test ieri per migliaia di aspiranti camici bianchi hanno dato il segnale della ripartenza. Le università si rimettono in moto. Con la Cattolica, anche il Campus Biomedico. Una carica complessiva tra gli atenei di circa 9mila giovani. Mora, i capelli raccolti in un una coda, gli occhi seri oltre la mascherina, Noemi arriva da Bari. Un concorso ai tempi del Covid, come si affronta: «Con ancora più ansia di prima, sono preoccupata per la sicurezza. Ma poi mi sono detta che valeva la pena esserci. Il sogno di diventare medico resta intatto anche in questa situazione. Di fronte a questo spettro, non è cambiato niente: il mio è un sogno che prescinde dalla situazione».

Davide arriva da Teramo. T-shirt, jeans, gli occhi vigili: «Non mi spaventa il Covid, oggi l'obiettivo è affrontare il test per riuscire nell'impresa di diventare medico». «La ripartenza è stata progettata nei minimi particolari - racconta Lorenzo Cecchi - abbiamo 8000 candidati iscritti suddivisi in sessioni da 2000: da qui abbiamo deciso con l'ente Fiera di Roma di attivare tutti i protocolli esistenti di sicurezza». Triage all'ingresso con la Asl, percorsi pianificati con i distanziamenti e i banchi dei candidati (350 per ogni padiglione) distanti 4 metri ciascuno. Organizzazione analoga per il Campus Biomedico. Loro, i ragazzi, appaiono particolarmente attenti e rispettosi. Arrivano per lo più dal centro-sud (due terzi degli aspiranti medici sono donne). Pronti ad affrontare 60 minuti di test per una sessantina di domande.

E poi ci sono le urne hi-tech, pensate per i tempi del Covid: «Siamo in grado di poter identificare, di ogni candidato, le file alla sua destra e alla sua sinistra - avverte Cecchi - se si verificasse un problema con un ragazzo che eventualmente risultasse contagiato, possiamo dare alla Asl un set di 50 nominativi che sono stati vicini all'individuo per le ore del test».
 

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