Termovalorizzatore a Roma, Sbarra: «Non ha senso mettere dei veti»

Il leader Cisl: «No a ostacoli preventivi, Roma è in ritardo sullo smaltimento. Sull’energia paghiamo un prezzo caro per aver detto no a tutto, rotta da invertire»

Termovalorizzatore a Roma, Sbarra: «Non ha senso mettere dei veti»
di Andrea Bassi
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Sabato 23 Aprile 2022, 00:19 - Ultimo aggiornamento: 15:58

Con la guerra in Ucraina l’Italia si è scoperta una nazione molto dipendente dal gas e troppo dalla Russia. E se oggi ci staccassimo da Mosca saremmo costretti a razionamenti e sacrifici. Come si è arrivati a questo punto?

«È il risultato», risponde Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, «delle mancate scelte del nostro paese sui temi delle politiche energetiche e della necessaria diversificazione delle fonti, come hanno saputo fare meglio di noi altri in Europa. Negli ultimi decenni l’Italia è stata la patria dei veti della sindrome Nimby». 

I professionisti del no?

«Esatto, e del furore ideologico, cavalcato da movimenti sociali e politici.

Conservatorismi senza senso che di fatto hanno bloccato la modernizzazione e lo sviluppo nazionale. Oggi paghiamo il prezzo di aver detto “no” al carbone, ai rigassificatori, alle trivelle nell’Adriatico, alle rinnovabili, di aver rallentato e depotenziato idrogeno, Tap, persino le biomasse. Il risultato è che la produzione italiana di gas è crollata da 30 miliardi di metri cubi del 1991 a 3 miliardi di metri cubi circa nel 2021 quando il fabbisogno nazionale è stimato in 72 miliardi di metri cubi all’anno. Una cosa assurda».

Come se ne esce? 

«Serve un nuovo piano energetico che poggi sulla diversificazione degli approvvigionamenti. Bisogna essere realisti. La decarbonizzazione è un obiettivo importante e condivisibile, ma richiede gradualità: le energie rinnovabili, per quanto fondamentali, non basteranno a sostituire i combustibili fossili. Bisogna aumentare l’estrazione domestica di gas e allacciare nuove partnership commerciali, investire sui nuovi combustibili verdi, sulle economie circolari, sull’incremento dell’efficienza energetica e sul riuso degli scarti industriali, rispetto ai quali abbiamo tante eccellenze nazionali». 

Dire “no” ha dato elevati dividendi politici. E anche il sindacato si è trovato più di una volta schierato dalla parte di chi bloccava?

«Guardi, la Cisl si è sempre battuta contro questa logica dei no a prescindere. Siamo stati in prima fila nel difendere la costruzione di importanti infrastrutture logistiche ed energetiche come la Tav in Val di Susa, la Gronda, o il Tap in Puglia, che porta il gas dall’Azerbaigian. Noi pensiamo che il ruolo del sindacato ed anche della politica non debba essere quello di strizzare l’occhio al populismo o alla demagogia falso-ambientalista». 

Sempre a proposito dei no. Il sindaco di Roma Gualtieri ha appena annunciato l’intenzione di costruire un termovalorizzatore a Roma. Il partito del no è subito sceso in campo, compresa la Cgil. L’inceneritore secondo lei va fatto?

«Mi pare che il sindaco Gualtieri abbia dichiarato la propria disponibilità ad aprire un tavolo di confronto con tutti i sindacati sulle scelte in materia di raccolta dei rifiuti. Una disponibilità importante e condivisibile, a cui noi rispondiamo con convinzione. Confrontiamoci sul progetto, sui contenuti, sui dati in modo responsabile e trasparente e sosteniamo insieme investimenti e innovazione senza pregiudizi e veti». 

Niente veti dunque?

«Niente veti. Stiamo parlando di una grande capitale europea che da anni vive una situazione di ritardi ed omissioni gravi su questo tema. È sbagliato porre ostacoli preventivi. Occorre un approccio pragmatico rispettoso dell’ambiente ed attento alla salute dei cittadini per dotare finalmente anche Roma di un sistema di raccolta, trasformazione e smaltimento efficiente e sicuro. Il termovalorizzatore può essere una soluzione economicamente sostenibile e portare profitti alla città. Discutiamone senza pregiudiziali». 

L’altra grande preoccupazione è quella legata all’inflazione. Mario Draghi ha chiesto un patto alle parti sociali anche per evitare una spirale prezzi-salari. Ritiene possibile un accordo?

«È importante che il Premier Draghi abbia indicato alle parti sociali l’obiettivo di un patto sociale, una strada auspicata da tempo dalla Cisl, per accelerare gli investimenti pubblici e privati, difendere i salari e le pensioni dalla fiammata inflazionistica, puntare alla qualità e stabilità del lavoro, La sfida è sostenere subito il potere d’acquisto ed i consumi senza far ulteriormente crescere l’inflazione. Non dobbiamo consegnarci ad automatismi demagogici o ad interventi legislativi sul salario, che non farebbero che peggiorare la situazione. Bisogna lavorare a una nuova politica dei redditi che metta al centro le ragioni della crescita e della sua distribuzione. Ognuno deve fare la sua parte». 

E qual è la parte del governo?

«Innanzi tutto deve alleggerire il carico fiscale sulle fasce medio-popolari, defiscalizzare i frutti della contrattazione, incrementare i sostegni contro il caro bollette, sbloccare gli investimenti. Pensiamo che il governo debba valutare anche uno scostamento di bilancio per investire molto di più dei 5 miliardi previsti dal Def. Bisogna tenere in mente che gli aumenti dei prezzi graveranno entro dicembre almeno per 70 miliardi sui redditi delle famiglie e sui bilanci delle imprese».

Il patto della fabbrica firmato con Confindustria prevede aumenti legati all’indice Ipca, che viene depurato dai costi dell’energia. È un accordo che può reggere ancora?

«Sarebbe un errore accantonare gli accordi per rinnovare i contratti. Ma bisogna assicurare il recupero dell’inflazione reale andando oltre il “modello Ipca”, che non recepisce la componente energetica. L’adeguamento salariale dovrà avvenire durante la vigenza contrattuale, non dopo. Anche su questo vogliamo un accordo con le imprese. Tutto questo va affrontato dentro la dimensione di un patto che serve a costruire i contenuti che sceglieremo insieme».

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