Schiaffo su tavolino selvaggio multe a rischio, regole da rifare

Schiaffo su tavolino selvaggio multe a rischio, regole da rifare
di Alessia Marani Francesco Pacifico
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Venerdì 10 Gennaio 2020, 10:17
Lotta a tavolino selvaggio in Centro: c'è il rischio che sia tutto da rifare. A rischio le sanzioni finora comminate, le autorizzazioni concesse e da rilasciare da parte del Campidoglio. Una sentenza del Tar pubblicata ieri, infatti, rimette in gioco tutte le diatribe tra esercenti e amministrazione capitolina, aprendo una voragine nella interpretazione normativa delle procedure eseguite dal 2003 a oggi. Tutto nasce da un ricorso presentato ai magistrati di via Flaminia da un gruppo di ristoratori di San Giovanni l'estate scorsa. In pratica i legali dei commercianti, gli avvocati Maria Ludovica De Beaumont e Fabrizio Patrizi, si accorgono che nel decidere sulle autorizzazioni per l'occupazione del suolo pubblico, il I Municipio di Roma si avvale di schede tecniche singole per ogni strada definendole impropriamente i Pmo e non del nuovo Piano di massima occupabilità mai varato e che il Comune avrebbe dovuto redigere nella sua totalità quando diciassette anni fa approvò la delibera per la definizione della Città storica. Ambito che prevedeva la denominazione dei Salotti della Città e che andava a sostituite quello del cosiddetto Centro storico. «In pratica - spiega l'avvocato Patrizi - il I Municipio avrebbe dovuto predisporre delle schede tecniche per ogni via che, messe insieme, avrebbero dovuto realizzare il Pmo da approvare come atto amministrativo unico. Invece, ci siamo accorti che, a un certo punto, il Municipio che evidentemente voleva togliere i tavolini, ma non riusciva a trovare l'accordo sul piano definitivo, ha cominciato a non rilasciare le autorizzazioni provvisorie e addirittura a revocare concessioni storiche in base alle schede come se fossero esse stesse il Pmo».
LA DIFFIDA
A luglio, dal momento che la scheda tecnica su via di San Giovanni in Laterano non era stata ancora conclusa, il gruppo di ristoratori, tramite i legali, ha presentato una serie di osservazioni a cui, però, l'amministrazione comunale non ha mai risposto. La Sezione Seconda Ter del Tar si è trovata, dunque, a decidere in merito all'annullamento «del silenzio di Roma Capitale in ordine alla diffida delle ricorrenti, notificata il 15 luglio 2019, volta a ottenere da parte dell'Amministrazione la definizione del procedimento di approvazione del Piano di massima occupabilità della Città storica», arrivando il presidente Pietro Morabito ad accogliere il ricorso, dichiarando «l'obbligo di Roma Capitale di provvedere sull'istanza delle parti ricorrenti» entro il termine di 120 giorni, riservandosi in caso di inottemperenza «la nomina di un commissariato ad acta». «Adesso - afferma l'avvocato De Beaumont - si aprono quesiti fondamentali sugli accertamenti finora eseguiti in base a un piano di massima occupabilità che il Tar dice non esistere. E che cosa succederà in questi 120 giorni? E nel frattempo che il Comune attuerà questo iter quale sarà l'effetto? Tutte le sanzioni, le multe, le chiusure effettuate rischiano di essere state illegittime». Il Campidoglio potrà fare ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza, ma trattandosi si un rito del silenzio i tempi sono molto ristretti e, comunque, il pronunciamento definitivo per un verso o per l'altro verrà emesso entro giugno.
I LABORATORI
Ìntanto un'altra decisione, questa volta del Consiglio di Stato, su ricorso della Confesercenti, ha disposto che la clientela possa consumare, seduta comodamente, cibo e bibite anche nei cosiddetti laboratori di vicinato alimentare: pizzetterie, salumerie, gelaterie, paninoteche, friggitorie, che stando all'attuale regolamento non possono ospitare tavoli e sedie, ma soltanto sgabelli o mensole. «Dopo questa sentenza - dice Sabrina Alfonsi, presidente del I Municipio - rischiamo di trasformare tutte le botteghe del centro storico in luoghi dove mangiare, senza alcun rispetto delle regole e della qualità. Rischiamo di avere soltanto attività di somministrazione». La decisione è stata invece definita come una «rivoluzione epocale» da parte del presidente di Confesercenti Roma, Walter Giammaria e dall'avvocato Andrea Ippoliti che ha curato il ricorso. 
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