«Non ci paga più l'affitto». Scoppia la lite tra religiose nella Rsa di Roma

Ad averle raggirate, sarebbe una vergine consacrata, nominata procuratrice della struttura sanitaria

«Non ci paga più l'affitto». Scoppia la lite tra religiose nella Rsa di Roma
di Michela Allegri
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Sabato 14 Maggio 2022, 08:11 - Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 08:35

Avevano tra le mani una piccola miniera d'oro: una Residenza sanitaria per anziani ben avviata, in un immobile di loro proprietà. Quando i vertici della congregazione Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore si sono accorti che l'attività, apparentemente, non fruttava, hanno deciso di provare a vendere la struttura. Ma a quel punto, l'amministratrice della Rsa, a loro dire, li avrebbe raggirati: avrebbe costituito una nuova società, a lei riconducibile, con la quale avrebbe stipulato un contratto che le garantisce i guadagni senza pagare il canone di locazione. A denunciare il caso in Procura, le religiose.

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Ad averle raggirate, sarebbe una vergine consacrata - carica conferita dal Vaticano a una donna che vive nella castità -, nominata procuratrice della struttura sanitaria. Ora sul caso indaga il pm Francesco Basentini, che ha aperto un fascicolo, ancora contro ignoti. La Rsa si trova in via Cardinal Pacca. L'Ente religioso, assistito dagli avvocati Irma Conti e Antonino Galletti, ha anche presentato un ricorso al Tar. Secondo i legali, la donna si sarebbe appropriata della struttura e grazie a un contratto da lei stilato lo scorso dicembre non deve pagare l'affitto, nonostante gli incassi.

Il canone è compensato dall'assistenza che la società presta alle 8 suore ultranovantenni che sono nella struttura. Ma non è tutto. Il documento sarebbe stato sottoscritto dalla procuratrice, senza alcuna comunicazione alla proprietà. Dagli accertamenti dei legali sarebbero emersi anche strani bonifici e giroconti per almeno 80mila euro.

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Nel ricorso presentato al Tar, le religiose sottolineano di essere proprietarie dell'immobile che serve da convento e ospita la Rsa. Questa, fino a marzo, è stata di fatto gestita dalla procuratrice, che sarebbe stata nominata senza il consenso della Madre generale, della Superiora e del Consiglio. Nel 2013, la casa di cura è stata accreditata alla Regione Lazio, ma nel 2018 le religiose si sono accorte che, apparentemente, non generava introiti. La procuratrice, nonostante le continue richieste, non avrebbe fornito spiegazioni e non avrebbe nemmeno consegnato i documenti richiesti. Il 7 febbraio scorso, ha invece inviato una comunicazione in cui affermava di aver finalizzato l'affitto ad una società a lei riconducibile, spiegando di voler tutelare le suore presenti nella Rsa. E l'affitto? Invece di pagare circa 240mila euro annui, consentirebbe alle religiose «di poter essere accompagnate con amore e dedizione nella loro vecchiaia», si legge nel contratto. Per i legali, si tratta di un raggiro.
 

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