Torna libero il ventunenne Claudio Nardinocchi, uno degli indagati per lo stupro di gruppo nella villetta della Torresina a Capodanno. I giudici del Riesame hanno condiviso la tesi dell'avvocato Cristina Marinacci: la testimonianza della parte lesa, per il legale, è contraddittoria e gli indizi di colpevolezza a carico del suo cliente sarebbero insufficienti. Con un'inversione procedurale, che ha visto ancora prima dell'interrogatorio di garanzia dell'indagato, che si trovava ai domiciliari ma positivo al Covid, l'udienza davanti al Tribunale della Libertà si è svolta tre giorni fa, prima dell'interrogatorio di garanzia. Ma anche davanti al gip, l'altro ieri, il ragazzo ha continuato a respingere le accuse, sostenendo che quella sera avesse bevuto, ma non avesse fatto uso né di droghe né di psicofarmaci e che non abbia avuto un ruolo nella violenza sessuale. Nardinocchi ha tra l'altro depositato alcune chat (che sono state sottoposte anche al Tribunale del Riesame) della notte del 31 dicembre 2020, quel maledetto capodanno. Da mezzanotte all'1 e 30, il ragazzo ha mandato, ininterrottamente, messaggi alla fidanzata: «Amò, sei la mia vita, tanti auguri».
Un argomento, anche questo utilizzato dal legale che ha sostenuto come fosse poco plausibile che, mentre chattava per oltre un'ora con la sua fidanzata, l'indagato stuprasse la vittima.
Nardinocchi, secondo l'impianto accusatorio, invece, sarebbe stato il più consapevole dell'abuso che si è consumato quella notte nella villetta, tanto da tenere un baso profilo basso profilo, evitando di parlare con chiunque di quanto accaduto e temendo di essere intercettato. Non solo. Nelle carte il gip metteva in luce lo «sconvolgente ribaltamento dei ruoli» dal momento che parlando con uno dei minori, anche lui coinvolto nello stupro, incolpava i genitori della vittima per averla lasciata andare sola alla festa, qualificandoli come vili per avere sporto la denuncia: «Capito che te vojo di? Cioè tu manni tu fija a 16 anni co' lockdown, oltretutto che n'abiti manco qua, a na festa e poi el giorno dopo te sveji e denunci? Ma che sei infame? Così sei poprioo un vile, un verme, un miserabile».
LA VITTIMA
Intanto la famiglia della vittima, per tramite della portavoce Bo Guerreschi, presidente della onlus Bon't Worry, da sempre in prima linea contro le violenze di genere, rompe il silenzio degli ultimi giorni dopo l'avvio della procedura giudiziaria. Fa sapere di non volere punizioni vendicative «che non sono d'aiuto a nessuno», ma chiede che la vicenda venga trattata con il «giusto spirito» perché «il dolore indicibile» che ha portato possa almeno contribuire a migliorare il futuro di tutti i ragazzi coinvolti, l'unica consolazione a «una ferita insanabile».