I SOCCORSI
Dopo la violenza Wiethsinghage è uscito, sicuro che la vittima non avrebbe fiatato. Invece la donna ha avvertito altri connazionali, ha chiesto aiuto, e a stretto giro nell’appartamento è arrivata la polizia. Proprio in quel momento Nimal ha chiamato la vittima (dopo averne recuperato il telefono tramite l’affittuario) e le ha fatto una proposta: «Ti do mille euro e quanto è successo resta tutto tra di noi». La donna, d’accordo con gli investigatori, ha fatto finta di accettare la proposta. Ma lui poi si era comunque allontanato. Così non è rimasto altro che rintracciarlo ed arrestarlo. Il cumulo di bugie raccontate subito dopo l’arresto e sotto interrogatorio a processo non è servito a sollevare la situazione di Nimal. «Lei era una prostituta - ha raccontato - Mi ha chiamato in camera sua. Abbiamo concordato una somma. Ma io quando mi sono accorto che la donna era incinta mi sono tirato indietro. Abbiamo litigato perché lei pretendeva di essere pagata lo stesso». La donna invece non era in stato di gravidanza. Il marito e i tre figli erano rientrati in Sri Lanka e lei doveva sbrigare le ultime incombenze a Roma prima di raggiungerli. E non era una prostituta, lavorava come badante. Mai schedata, e anche i vicini hanno escluso un simile sospetto.
LA FUGA
Per l’uomo nel giro di pochi giorni il gip aveva fatto scattare una misura cautelare in carcere. È stato arrestato a Bologna, dove si era allontanato, ma certo di averla fatta franca.
La prima sezione del tribunale, specializzata nelle violenze di genere, ha condannato l’imputato a dieci anni di reclusione con l’interdizione legale. A breve le motivazioni della sentenza del giudice relatore Valerio de Gioia. Nessuna concessione per Wiethsinghage. A pesare, oltre alle bugie, l’unico precedente penale: omicidio volontario. L’assassinio di un connazionale, in Emilia. Il gip nell’ordine di arresto aveva parlato di «modalità brutali e allarmanti del fatto e della personalità altamente negativa dell’indagato, pregiudicato per omicidio volontario, che neppure la lunga carcerazione subita in espiazione della pena ha costituito efficace deterrente al fine di prevenire la commissione di alti delitti». Per l’omicidio, commesso in Emilia, il cingalese era stato arrestato dai carabinieri e poi condannato a 14 anni di carcere. Ne aveva scontati dodici ed era stato scarcerato per buona condotta. Ora è di nuovo detenuto. Sulle spalle dieci anni da scontare. Stavolta per violenza sessuale aggravata dalla minorata difesa della vittima e dall’uso di armi, un coltello e un cuscino.
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