Il giorno dopo l’incidente la buca non c’era già più, era stata ricoperta. A causa di quella crepa nell’asfalto su via Salaria, larga 60 centimetri e lunga 90, la notte prima era morto un motociclista romano di cinquantatré anni. L’ordine di mettere a posto la strada, dato troppo in ritardo e a tragedia ormai avvenuta, era partito da due dirigenti del Simu, il dipartimento Sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana del Campidoglio. Ieri sono stati condannati entrambi per omicidio stradale. Per Marco Domizi, 57 anni, e Guido Carrafa, 52 anni, il giudice ha disposto un anno e 4 mesi di reclusione con pena sospesa. Domizi e Carrafa dovranno anche risarcire in sede civile la famiglia della vittima, assistita dall’avvocato Marco Benvenuti, e pagare 5.000 euro di spese processuali. La Procura aveva chiesto per gli imputati un anno e 6 mesi di pena.
I FATTI
I fatti risalgono al 22 dicembre 2016. Mancavano dieci minuti alle tre di notte. Il motociclista Francesco Caporale, 53 anni, stava tornando a casa dopo una serata passata a cena con gli amici. Era a bordo della sua Suzuki N1200 e stava percorrendo via Salaria quando, poco prima dello svincolo del Grande raccordo anulare, era finito con le ruote della sua moto in una voragine.
Caporale non l’aveva vista, era buio. E poi quella buca non era segnalata ai veicoli. Così, il centauro aveva perso il controllo del mezzo e si era schiantato contro il guard rail, per poi finire sull’asfalto.
Per questi motivi i due dirigenti erano finiti sotto processo con l’accusa di omicidio colposo. Il pm Marcello Cascini contestava ai due imputati di aver «omesso di provvedere alla corretta manutenzione stradale di via Salaria», come si legge nel capo d’imputazione. Per la Procura la cura della carreggiata «era dovuta d’ufficio anche a prescindere da eventuali segnalazioni» sul percorso stradale dissestato, evidenziano gli atti. Segnalazioni che, oltretutto, c’erano state: da parte dei vigli di zona e di vari uffici comunali, tra i quali la terza sezione della manutenzione stradale di Roma Capitale. Allarmi, secondo quanto ricostruiscono gli inquirenti, «rimasti inascoltati» dagli imputati, la cui colpa era «dimostrata anche dal fatto che, subito dopo l’incidente, provvedevano al riempimento e corretto livellamento della buca (dunque mezzi, personale e materiali per provvedere prima del sinistro non mancavano)», conclude l’accusa. Il legale di Guido Carrafa, Michele Nicoletti, ha commentato così la sentenza: «Faremo sicuramente appello, è stato un processo da sempre pieno di errori - ha sottolineato - Aspettiamo le motivazioni del dispositivo anche per capire la riqualificazione del reato in omicidio stradale».