Rutelli: «Un team per guidare Roma, ma il governo dia le risorse»

Rutelli: «Un team per guidare Roma, ma il governo dia le risorse»
di Diodato Pirone
5 Minuti di Lettura
Lunedì 10 Agosto 2020, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 12:25

«In questi mesi Roma l’abbiamo vista nuda. Nella sua bellezza mondiale, ma in un deprimente fermo-immagine. O partono un grande progetto e una grande squadra per amministrare la città, oppure la crisi può essere terribile». E’ il chiodo fisso che da tempo Francesco Rutelli non si stanca di battere. Da ex sindaco di Roma, ancora apprezzato dai romani come miglior primo cittadino da quando c’è l’elezione diretta come evidenziato da un recente sondaggio di Termometropolitico, Rutelli tra l’altro sta mettendo in piedi una Scuola di Servizio Civico proprio con l’obiettivo di ricostruire professionalità essenziali per una buona amministrazione.

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Allora Rutelli, le elezioni comunali sono all’orizzonte. Vede anche lei il pericolo di una corsa al ribasso fra i partiti nella scelta dei candidati della quale ha scritto il professor Alessandro Campi sul Messaggero?
«In effetti si rischia il reality (ride). Se non si fanno avanti persone di livello sarà meglio chiudere una dozzina di candidati sindaci a Cinecittà e far scegliere il più “simpatico” dal pubblico».

Giusto esorcizzare i pericoli ma fuori di metafora?
«Campi ha ragione nello sfidare i partiti a selezionare il meglio che hanno. Ho condiviso anche l’intervista a Sabino Cassese che “reclama” competenze super-manageriali. Aggiungo: chi guiderà il Campidoglio dovrà esigere dal governo nuovi strumenti e risorse, attuando finalmente la norma Costituzionale sulla Capitale d’Italia, proprio nel suo 150° anniversario, il 2021».

Perché è così difficile far riconoscere allo Stato il profilo peculiare di Roma Capitale?
«Occorre convincere tutti gli italiani, attraverso il Parlamento, che è interesse nazionale. Non basterà lamentarsi: occorrono un progetto ambizioso, una squadra qualificata, una larga condivisione civica. Rifondare la ‘regìa pubblica’ di Roma è una sfida per tutta la comunità cittadina, un servizio al Paese, e non certo affare di un uomo o donna soli al comando».

Inutile chiederle nomi. Ma quale sarebbe secondo lei il profilo adeguato per il prossimo inquilino del Campidoglio?
«Quando vedremo il volto di chi si candida a sindaco occorrerà allargare l’inquadratura. Se sarà solo, o sola, non avremo speranza. Ritroveremo entusiasmo solo se il candidato sindaco avrà accanto 100 persone in possesso delle competenze per far ripartire la città in tutti i comparti a partire da investimenti, mobilità, manutenzione, rifiuti, servizi digitali. Ha scritto Einstein dopo la crisi del 1929: “E’ nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte, le grandi strategie. L’unica crisi pericolosa è la tragedia di non voler lottare per superarla”». 

Si parte però da un punto molto basso.
«Nell’ultimo decennio Roma è cresciuta meno della media nazionale. Le diseguaglianze crescono tra i diversi settori e quartieri della città con possibile insorgenza di nuovi conflitti. La caduta verticale delle attività turistiche e dei servizi connessi colpisce le città coinvolte nei grandi flussi turistici internazionali e a Roma sta sottraendo ossigeno a larghe fasce di popolazione. Intanto gli investimenti pubblici tardano ad essere realizzati e quelli dall’esterno sono troppo scarsi, a raffronto con le altre Capitali».

Cosa possiamo “prendere” dalle esperienze all’estero?
«Non è vero che all’estero va tutto bene. Berlino non riesce a completare il nuovo aeroporto da 10 anni. A Parigi le banlieue sono molto più in crisi delle aree più critiche delle nostre periferie; il metrò automatizzato Grand Paris Express non solo sta accumulando anni di ritardo ma doveva costare 20 miliardi ed è arrivato a 38».

Cosa invidia alle altre Capitali?
«Le disponibilità finanziarie garantite dai governi per gli oneri speciali delle Capitali. Ma il mondo sta cambiando».

E cioè?
«Mentre si torna a discutere di modelli urbanistici “città compatta vs città diffusa”, o viceversa, Roma rimane unica: è sia diffusa (quasi tre quarti del territorio comunale è verde o agricolo) che compatta (per il suo patrimonio storico-artistico ineguagliabile, e le funzioni direzionali e residenziali). Piuttosto, c’è un caso molto interessante di cui si parla poco».

Dove?
«A Toronto Google ha appena cancellato il suo grande progetto-pilota di Smart City, per timore di proteste contro la sorveglianza elettronica di massa. Questo dovrebbe aiutare la prossima amministrazione a impostare un rivoluzione digitale della città, ma a misura d’uomo».

Dunque niente smart city?
«Al contrario. Roma deve spiccare il salto digitale: servizi semplificati, trasparenti e veloci ai cittadini, riduzione delle differenze sociali e di quartiere, traffico più fluido, controllo delle manutenzioni, più informazioni ai cittadini. Senza però arrivare al Grande Fratello. Le tecnologie al servizio dello sviluppo umano».

Proposte?
«I tre assi del Piano Regolatore sono validi: trasporto su ferro (per ricordare tre dati, la mia amministrazione mise in esercizio 300 km di ferrovie metropolitane di superficie, realizzò il ritorno del tram nel centro storico, e mise in esercizio la maggiore flotta di minibus elettrici - 20 anni fa - di tutte le città europee); direttrici ambientali verdi, ma curate; nuove centralità, cioè quello che è mancato, con investimenti per funzioni qualificate, insediamenti produttivi, cultura, nuova occupazione nei quadranti periferici, ormai integrati alla scala metropolitana con i Comuni vicini. Inoltre restituire poteri e risorse ai Municipi, indispensabili per il coinvolgimento della cittadinanza. Ho istituito i ‘Municipi’ per superare le vecchie Circoscrizioni, in un territorio di 130mila ettari - sette volte Milano - ma la loro evoluzione si è interrotta, e questo allontana la partecipazione dei cittadini e crea sfiducia».

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