Roma, segregata e violentata per anni dal compagno. Gli sms: «Ti ammazzo putt...», poi «ti amo torna con me»

San Vittorino, l'aguzzino è un 33enne pregiudicato, arrestato dai carabinieri. Alla donna veniva impedito di uscire, picchiata e costretta a rapporti sessuali

Roma, segregata e violentata per anni dal compagno. Gli sms: «Ti ammazzo putt...», poi «ti amo torna con me»
di Alessia Marani
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Venerdì 7 Ottobre 2022, 07:54 - Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 08:46

«Ti ammazzo putt...», poi «ti amo torna con me», «hai il malocchio vattene». I messaggi minacciosi, scritti e vocali, si alternavano inquietanti e farneticanti al ritmo di duecento al giorno. Un'ossessione violenta costellata dalle botte fino allo stupro. Nonostante lei lo avesse finalmente denunciato e allontanato, l'incubo rischiava di continuare. Vittima una donna italiana di 31 anni costretta a subire percosse e vessazioni fisiche e psicologiche da circa un paio d'anni, ossia da quando aveva iniziato la relazione con quello che si sarebbe presto rivelato il suo aguzzino: un uomo di 33 anni, con precedenti per droga. Ora arrestato dai carabinieri. L'ultimo drammatico episodio si era verificato il mese scorso, quando la donna viene svegliata di soprassalto nel cuore della notte. «Stavo dormendo sul divano - racconterà agli inquirenti - quando all'improvviso mi ha gettato una bottiglia d'acqua gelata addosso. Voleva avere un rapporto sessuale, io non ci ho pensato nemmeno dopo tutto il male che mi aveva fatto. Ho detto di no, di tornarsene a dormire, invece lui mi ha picchiato, afferrato con forza strappandomi gli indumenti di dosso per approfittarsi di me. Mi veniva da vomitare». Il giorno dopo la donna in lacrime si è confidata con l'amica del cuore. «Non ne posso più, questa notte ha superato ogni limite». L'amica la conforta ma soprattutto la sprona ad agire, a difendersi sporgendo denuncia.

Il coraggio

La 31enne si fa coraggio e varca la soglia della caserma dei carabinieri di San Vittorino. È qui che trova le rassicurazioni necessarie a procedere mettendo nero su bianco l'inferno in cui era costretta a vivere: «Non voleva che uscissi, mi impediva di svolgere una vita normale. Mi prendeva il telefono per leggere i messaggi, poi scriveva lui nelle chat spacciandosi per me. Diceva ai miei colleghi che non potevo recarmi al lavoro, alle mie amiche che non volevo più uscire con loro e di lasciarmi in pace. A un certo punto, aveva iniziato persino a mandare loro dei vocali con la sua voce, minacciando tutti».
Anche nei giorni seguenti alla denuncia, in attesa che la dettagliata informativa dei carabinieri accompagnata da tutti i riscontri necessari inviata al pm e a sua volta rigirata al gip, facesse il suo corso facendo scoccare una misura di custodia cautelare, le minacce, questa volta indirizzate alla 33enne, non si erano fermate: in un solo giorno 200 messaggi.

Nell'informativa i militari descrivono anche per filo e per segno gli episodi di percosse, ripercorrendo tutte le volte che la giovane donna era finita al pronto soccorso per i lividi e i forti dolori, alle braccia, alle gambe, al costato.

Le scuse

Tutte volte in cui lei di fronte alle domande dei medici aveva glissato accampando scuse: «Ho sbattuto a uno spigolo (...) sono caduta dalle scale». Botte e dispetti: «Diceva che vedeva delle ombre intorno a me, che avevo il malocchio e per questo doveva picchiarmi». Il 33enne è stato arrestato poiché gravemente indiziato di violenza sessuale aggravata, maltrattamenti in famiglia e lesioni personali. Attualmente si trova ai domiciliari con il divieto di avvicinamento alla donna. La Procura di Roma per lui, visti i riscontri dell'Arma, aveva richiesto il braccialetto elettronico. Che, però, il Gip non gli ha fatto applicare.

 

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