Roma, il vigilante condannato per aver sparato al rapinatore: «Pensavo di morire, mi sento solo una vittima»

Roma, il vigilante condannato per aver sparato al rapinatore: «Pensavo di morire, mi sento solo una vittima»
di Adelaide Pierucci
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Mercoledì 27 Novembre 2019, 09:18

Ogni movimento, ogni parola trasuda timidezza, a tratti paura. Fino al 16 maggio 2014 Stefano Salmoni, all'epoca 37 anni, era uno dei 3mila vigilantes che mettono in sicurezza Roma. Ma poi, chiamato per un cambio turno, si è ritrovato sequestrato nella sua postazione in una banca. E a sparare e uccidere uno dei tre rapinatori che per tre volte l'aveva tenuto sotto mira. Due richieste di proscioglimento, una di assoluzione e alla fine l'altro giorno la beffa della condanna a 2 anni per eccesso colposo di legittima difesa.

Roma, sparò al rapinatore di banche: vigilantes condannato a 2 anni

Si è solo difeso. Stefano Salmoni non si sente colpevole.
«Mi sento solo vittima. La mia vita è stata stravolta da quel turno. Non mi sono mai sentito un assassino».
Accanto al corpo della vittima Gianluca Igliozzi, 35 anni, rapinatore, come si era anche vantato in tv, è stata trovata una cartuccia fuoriuscita dalla pistola appena scarrellata per disincepparla e sparare.

Come è andata?
«Ho visto tre volte la morte in faccia. E per fare il mio dovere, soprattutto per difendermi, ho perso tutto: lavoro, famiglia, tranquillità. Mi sono ritrovato a processo davanti a una Corte d'Assise per omicidio volontario. Io che in 15 anni di servizio non avevo mai pensato di sparare».

Era un turno a rischio?
«Mi hanno chiamato il giorno prima dalla Securpol per propormi una sostituzione. Avevo preso servizio da 2 ore alla Monte dei Paschi di Siena di Ostia quando mi sono sentito bussare con una pistola nella guardiola. Ti sparo in bocca. Non ti muovere. Il rapinatore bestemmiava puntandomi contro l'arma. Diventai di marmo. Pochi secondi, per me un'eternità. A casa mi aspettavano una compagna e un figlio di 4 anni. Il rapinatore aveva il casco, agitava la pistola. L'altro, ho visto giusto una sagoma, tentava di sistemare due pezzi di legno per bloccarmi l'uscita dal gabbiotto. Mentre ero sotto tiro un terzo ha scavalcato il bancone e preso 14mila euro».

Come è uscito dal gabbiotto?
«Le zeppe di legno non avevano retto. Dopo il colpo sono scappati. Dalla mia angolazione vedevo la via libera, ho preso coraggio, sono uscito. Col senno di poi non lo rifarei perché io per primo ho rischiato la vita, mi è andata bene per caso. I rapinatori erano al di là di una fila di macchine, armeggiavano vicino a un motorino risultato rubato. È bastato incrociarci con lo sguardo e il rapinatore armato mi ha ripreso di mira con l'arma».

Ha avuto paura?
«Certo. Io ero uscito solo per raccogliere degli elementi. Ho urlato Alt e Chiamate la polizia. E poi ho sparato tre colpi in aria e altri due colpi. Sempre a vuoto. Senza voler centrare. Senza muovermi mai dall'uscio della banca, li ho visti scappare. È allora che l'uomo con la pistola, mentre ormai era a una trentina di metri, si è fermato ed ha scarrellato l'arma. Ho capito che mi avrebbe sparato e l'ho preceduto. Mai avrei pensato di centrarlo».

Cosa è cambiato?
«Tutto - risponde l'ex vigilante guardando l'avvocato Luigi Guarnieri - Mi è stato revocato il porto d'armi, così mi sono ritrovato demansionato. Per di più sono in cassintegrazione. Se qualcuno mi bussa al finestrino ancora oggi tremo. Vivere nel dolore mi ha allontanato dalla famiglia. Ora guardo al secondo grado di giudizio. La punizione l'ho già avuta. Una vita che non avrei voluto».
 

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