«Licenze in bianco e una rete di prestanome»: ecco gli escamotage dei Tredicine

«Licenze in bianco e una rete di prestanome»: ecco gli escamotage dei Tredicine
di Michela Allegri
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Venerdì 1 Marzo 2019, 08:56

Licenze in bianco, da compilare a proprio piacimento per aggirare la normativa. Una rete di prestanome, soprattutto stranieri, per aggiudicarsi più banchi rispetto a quanto fosse consentito. E, soprattutto, nessun controllo da parte dell'Amministrazione sul rispetto delle rotazioni previste dal regolamento capitolino per permettere a tutti gli ambulanti di lavorare, a turno, nelle aree più redditizie, nel centro di Roma. Dagli atti dell'inchiesta sul racket delle autorizzazioni per il commercio su strada - gestito, per l'accusa, da due funzionari del Campidoglio, politici, sindacalisti ed esponenti della famiglia Tredicine - emergono gli escamotage con cui, almeno dall'inizio del 2018, gli indagati sarebbero riusciti a beffare Roma Capitale e a tenere sotto scatto decine di ambulanti, costretti a pagare tangenti per aggiudicarsi postazioni di pregio. Nel decreto con cui convalida il sequestro di 350mila euro trovati dalla Finanza a casa di 6 dei 40 indagati, il gip ricostruisce come, per mesi, la cricca abbia letteralmente stravolto il regolamento, gestendo un vero e proprio «mercato parallelo» delle autorizzazioni.

IL REGOLAMENTO
«L'ufficio comunale dovrebbe individuare il turno di lavoro e il posteggio in cui istallare il proprio banco di vendita ambulante - sottolinea il giudice - assicurando una congrua rotazione dei venditori autorizzati tra tutti i posteggi esistenti nel territorio comunale». Un «modello astratto», che «sarebbe nella realtà del tutto stravolto, in quanto i venditori, anziché ruotare secondo un turno prestabilito, sarebbero costretti a subire le modifiche alle previsioni turnarie mensili secondo quanto stabilito dal Dipartimento VIII di Roma Capitale».

Sotto inchiesta - per associazione a delinquere finalizzata all'induzione indebita a dare e promettere utilità e al falso - ci sono proprio il dirigente del dipartimento in questione, Alberto Bellucci, e il suo braccio destro Fabio Magozzi. Il gip sottolinea che i funzionari, «d'accordo con le predette organizzazioni sindacali, effettuerebbe illegittimamente i cambi di postazione», assegnando i banchi più redditizi a chi accetta di pagare tangenti. Tra gli escamotage sfruttati dal gruppo, anche l'utilizzo di prestanome che risultano intestatari di autorizzazioni cedute ad altri dietro compenso.
«L'autorità comunale ogni due mesi dovrebbe predisporre un calendario in modo da assicurare a tutti i commercianti l'accesso ai posti di vendita più redditizi», prosegue il gip. In realtà, gli indagati sarebbero riusciti a mettere in piedi «un sistema parallelo a quello dell'amministrazione, che continua apparentemente ad applicare la disciplina vigente, secondo il metodo dei calendari di rotazione che, di fatto, vengono disapplicati, senza che alcuno eserciti gli opportuni controlli sul rispetto degli stessi». Dalle indagini è emerso infatti che i vari gruppi sindacali coinvolti «si contattano l'un l'altro per aggiornarsi sui posti già assegnati e quelli ancora da assegnare e compilare una lista di cambi effettivamente predisposti da inviare al dipartimento in un secondo momento, in modo che, comunque, in caso di successivi controlli, le variazioni risultino apparentemente essere state comunicate».

AUTORIZZAZIONI BIANCHE
Nel corso dell'inchiesta, gli investigatori hanno acquisito copia di centinaia di autorizzazioni sospette: «Non recano numeri di protocollo - si legge nel decreto - né firme dei dirigenti comunali». Per il giudice è la dimostrazione dell'«adozione ad hoc di provvedimenti autorizzativi». Non è tutto. Da un controllo effettuato dalla Polizia locale è emerso che alcuni commercianti hanno ricevuto «numerosissime» contestazioni per violazioni amministrative - molte delle quali non pagate - «senza incorrere in alcuna decadenza».

 
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