Tavolino selvaggio, il Comune ci riprova: via uno su quattro

Tavolino selvaggio, il Comune ci riprova: via uno su quattro
di Camilla Mozzetti
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Sabato 11 Gennaio 2020, 10:30 - Ultimo aggiornamento: 10:52

Una Roma regolamentata sul fronte delle occupazioni di suolo concesse a ristoranti e bar e poi una Capitale dove il tavolino selvaggio imperversa senza trovare limiti talmente forti da arginarne l’ascesa. Al Centro il caso di via San Giovanni in Laterano che, come una venatura su un vaso di cristallo, ha messo in luce le due anime – opposte e contrastanti – di una città che in fatto di decoro promette, a parole, livelli altissimi di qualità senza tuttavia riuscire a garantirli.

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Da Palazzo Senatorio, però, arriva ora la rassicurazione: «Entro breve costituiremo un ufficio di scopo all’interno del dipartimento Attività produttive con tecnici specializzati – spiega l’assessore al Commercio Carlo Cafarotti – e prenderemo in mano la vicenda dei piani di massima occupabilità approvando quelli che ancora sono sospesi in un’ottica di riduzione delle occupazioni, equilibrata tuttavia al bisogno di sviluppo imprenditoriale che non è solo dei singoli ma della città intera». Tecnicamente è verosimile supporre che, entro l’estate, almeno un tavolino su 4 scomparirà dal Centro. Ma bisogna riavvolgere il nastro per inquadrare con precisione i contorni di una materia difficile come quella che riguarda la superficie massima di suolo pubblico concessa agli esercizi di somministrazione per allestire tavolini, sedie e arredi (a prezzi irrisori).

A occuparsene da oggi, dopo l’approvazione in aula Giulio Cesare della Delibera 68 (modifica del Regolamento in materia di occupazione suolo pubblico), sarà il Campidoglio e non più l’amministrazione municipale che, soprattutto nel Centro dove proprio il fenomeno del tavolino selvaggio è ormai costante quanto la presenza dei sampietrini, si è sempre occupata di approvare i piani di massima occupabilità sulla base dei progetti redatti dagli uffici congiuntamente al parere di Sovrintendenza, polizia locale, dipartimento Mobilità.

L’assessore al Commercio promette un lavoro certosino per garantire un maggior decoro anche perché il caso di San Giovanni ha fatto riaccendere la “scintilla” sull’argomento dopo l’ultima sentenza del Tar che, dando ragione agli esercenti, ha di fatto formulato una reprimenda al I Municipio. Perché? In questa strada che rientra nel perimetro della “Città storica” tempo fa (si parla di mesi oramai) la commissione tecnica municipale aveva licenziato la scheda relativa a quanto suolo poter far occupare dai bar e dai ristoranti con gli arredi senza, tuttavia, che il consiglio del primo mini-comune di Roma approvasse quell’atto. Il risultato per gli esercenti è stato quello di avere dei limiti non ufficializzati ma comunque da rispettare per evitare sanzioni e multe.

La faccenda è finita di fronte ai giudici di via Flaminia che hanno dato all’amministrazione 120 giorni di tempo per approvare quel piano e poter dar seguito poi alle eventuali contravvenzioni o divieti. Ma San Giovanni non è un caso isolato. Dal 2008 a oggi sono stati approvati all’incirca 150 piani di massima occupabilità soprattutto nel centro storico. Spazi tolti per motivi di decoro, di vicinanza ai monumenti, di rispetto del codice della strada agli esercenti, tanto a piazza Navona quanto in via di Tor Millina, via Cavour, via Metastasio, via del Nazareno. Piani che in parte sono stati rispettati ma anche disattesi, complici i controlli poco costanti e l’atteggiamento degli esercenti che pur di far cassa hanno superato i limiti consentiti. Ma ci sono ancora almeno cento luoghi, tra strade e piazze da riordinare nel rione Monti, a Trastevere, nell’area di Campo Marzio e nell’intero Tridente. Luoghi per i quali mancano ancora le schede tecniche.

Un lavoro enorme che ora ricade sulle spalle del Campidoglio il quale sferra il gancio contro il I Municipio, colpevole di aver perso tempo. Da via Petroselli, la presidente Sabrina Alfonsi replica: «Da quando siamo alla guida del Municipio abbiamo dato priorità all’attuazione di tutti i piani approvati tanto che abbiamo dovuto fronteggiare le proteste degli esercenti tanto è stata la riduzione di suolo pubblico da poter utilizzare. Chi ha scelto in maniera superficiale di prendersi la responsabilità dei piani non ha chiara la complessità dei passaggi su ogni procedimento».

A detta del I Municipio, il cambio di gestione «comporterà – conclude l’Alfonsi – una stasi sui piani di massima occupabilità: ad oggi è tutto fermo, il Campidoglio non ha creato l’ufficio né chiesto a noi le carte necessarie per procedere». Ma in Comune tengono il punto: «Finora si è fatto poco – conclude Cafarotti – procederemo a riequilibrare la situazione in breve tempo». Con gli esercenti, intanto, pronti a presentare progetti di cambiamento – la delibera capitolina lo prevede – sui piani già approvati. Che «Hanno creato confusione – spiega il numero uno della Fipe Confcommercio Luciano Sbraga – Roma ha bisogno di attività che possano usare il suolo come fattore attrattivo fermo restando che gli abusivi vanno contrastati».

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