Roma, Tangenti per i condoni, nel mirino 3 mila pratiche: «Rischio annullamento»

Roma, Tangenti per i condoni, nel mirino 3 mila pratiche: «Rischio annullamento»
di Lorenzo De Cicco
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Domenica 28 Giugno 2020, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 07:35

Dopo la retata di arresti che ha portato 5 funzionari dell’Ufficio Condono ai domiciliari, ora in Campidoglio è partita la caccia a tutte le pratiche firmate dai dipendenti infedeli. Non solo quelle agli atti dell’inchiesta giudiziaria che ha scoperchiato un «sistema di corruzione capillare» come ha scritto il gip. Nelle prossime settimane saranno spulciati e riesaminati i fascicoli di quasi 3mila abusi sanati, secondo le stime che circolano al dipartimento Urbanistica. Condoni che ora, a distanza di anni, potrebbero essere annullati. Non solo: l’intenzione dell’amministrazione è quella di chiedere i danni ai proprietari degli immobili nel caso in cui saranno riscontrati illeciti acclarati.

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LA TASK FORCE
A revisionare tutte le pratiche trattate dalla banda del «ricamino», come chiamavano nelle intercettazioni il ritocco al ribasso sulle pratiche per sgonfiare il prezzo degli oneri concessori, sarà un pool formato dalla direttrice del dipartimento Urbanistica, Cinzia Esposito, la dirigente che già nel 2018 aveva allontanato il funzionario comunale arrestato mercoledì, poi Massimiliano Di Martino, dirigente di Risorse per Roma, la società partecipata al 100% dal Campidoglio che si è ritrovata con 4 dipendenti ai domiciliari. E della task force appena istituita per l’indagine interna farà parte anche l’ex generale dei carabinieri Cosimo Damiano Apostolo, che per primo, nel settembre 2016, ha denunciato il malaffare all’ufficio Condono, struttura che aveva diretto dal 2010 dopo aver lasciato l’Arma.
 
LA REVOCA
Quello che la due diligence voluta dalla sindaca Raggi intende scoprire è se oltre ai casi già finiti nel mirino della Procura, siano presenti altre irregolarità nelle migliaia di pratiche gestite dai funzionari accusati a vario titolo di corruzione, falso e truffa. Due le ipotesi che l’indagine interna dovrà accertare, scandagliando carta dopo carta: se l’abuso fosse effettivamente sanabile e, in caso affermativo, se gli oneri concessori siano quelli previsti dalla legge o se siano stati rivisti e corretti a prezzo di saldo. L’input è chiaro: se ci sono illeciti, si arriverà alla revoca del condono. 

Del resto la legge lo consente: nel 2017 il Consiglio di Stato ha confermato che è possibile annullare un vecchio titolo edilizio in sanatoria, anche a distanza di anni dalla concessione, purché il provvedimento sia adeguatamente motivato «in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico, concreto e attuale». Non basta «il mero decorso del tempo», che di per sé «non consuma il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio», così hanno scritto le toghe di Palazzo Spada.

Insomma, chi facendo carte false sperava di avere ormai archiviato i vecchi abusi, potrebbe trovarsi a breve con una spiacevole sorpresa. E a sborsare cifre molto più alte di quelle sin qui pagate. Grazie alle indagini dei carabinieri dell’Eur sono già venuti fuori alcuni maxi-sconti praticati dalla “banda” dell’ufficio Condono: oneri alleggeriti anche di 180mila euro a pratica. Favori ottenuti in cambio di tangenti da 2mila euro. Un vero e proprio tariffario, quello dei dipendenti finiti sotto accusa; un listino prezzi che prevedeva anche perizie false, servizi fotografici ritoccati, documenti retrodatati e ingialliti per farli sembrare più vecchi. Bastava pagare. Ma il conto ora potrebbe essere molto più salato.
 

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