Ragazzo suicida a Roma, la maledizione del ponte di Ariccia: «Le reti come trampolini»

Roma, la maledizione del ponte di Ariccia: «Le reti come trampolini»
di Chiara Rai
4 Minuti di Lettura
Sabato 22 Maggio 2021, 01:10 - Ultimo aggiornamento: 08:22

Le grandi reti metalliche rettangolari, l’ultimo sostegno prima di gettarsi in braccio alla morte. Settanta metri di volo e poi finisce tutto. La “maledizione” del ponte di Ariccia si ripete. Noto come ponte dei “suicidi”, un posto dove neppure le barriere di contenimento, fisse e irremovibili, riescono ad evitare tragedie come quella accaduta ieri allo studente di 14 anni di Genzano. «Il paradosso, da mettere i brividi – racconta Maria che vive nel centro storico - è che quelle reti che dovrebbero fungere da salvavita sono sempre più spesso utilizzate come fossero trampolini per lanciarsi e farla finita». 

Ariccia, studente di 14 anni si uccide gettandosi dal ponte: forse depresso a causa del Covid

Di media, si contano almeno due o tre vittime all’anno.

Numeri che raccontano quasi un ventennio di storia ma prima che le reti fossero installate, negli anni ’90, i suicidi superavano il doppio. L’ultimo, in ordine temporale, è stato un romano di mezza età che a novembre scorso ha raggiunto la cittadina castellana proprio per gettarsi da quel ponte, superando le barriere. Il giovane che ieri si è suicidato, ha ripercorso quelli che sono stati i passi di tanti suoi predecessori: ha scavalcato il parapetto, raggiunto il cornicione e poi, in ultimo, si è posato sulla rete prima di lanciarsi nel vuoto e schiantarsi nel parcheggio sotto il cavalcavia. La vita finisce su quella maledetta pavimentazione grigia che ha visto tante lenzuola ricoprire i decine di corpi. 

 


I pericoli

Quando si percorre quell’opera monumentale, un viadotto stradale costruito verso la metà del XIX secolo sulla via Appia, sembra di sentire i pianti e i singhiozzi di chi per l’ultima volta ha toccato quel parapetto e di chi invece si strazia all’idea di aver perso un figlio, un amico, un nipote, una persona cara. Le barriere metalliche sono state installate intorno al 2000 dall’Anas, in diversi casi sono servite da deterrente perché, visivamente, rappresentano un ostacolo: se e quando si arriva a superare la rete, significa che l’intenzione è più forte del ripensamento. Già nel ’97 l’allora sindaco Emilio Cianfanelli aveva fatto installare delle reti di protezione: «Ricordiamo tutti – dice l’ex Cianfanelli – la giovane ragazzina che si è suicidata il giorno dopo che il fidanzato morì in un incidente stradale. La mamma della ragazza, una signora di Fontana di Papa, mi disse sindaco mi prometta che farà del tutto affinché non ci siano altre vittime. Non sono riuscito a mantenere quella promessa. Alla fine degli anni ’90, con Don Pietro, insistente, convincemmo l’Anas a finanziare le barriere. Chiamammo un ingegnere meccanico che realizzò il progetto. I suicidi diminuirono ma poi chi voleva uccidersi trovò comunque la maniera di farlo: l’angolo di ogni rientranza dei pilastri tutt’ora consente di gettarsi. Elettrificando la rete a metà e impedendo di calarsi dall’angolo della stessa, si potrebbero fermare queste tragedie. Noi abbiamo il dovere di rendere inattuabili questi suicidi rafforzando gli elementi deterrenti al ponte». 


Anni fa, un ragazzo che abitava a Genzano, si lanciò dal ponte ma grazie alle protezioni si fratturò soltanto le costole. Circa due anni dopo ci riprovò e ci riuscì. E ancora chi non ricorda il duplice suicido di madre e figlio che hanno scavalcato la griglia di recinzione e si sono lanciati nel vuoto. I due abitavano a Roma, nella zona di Centocelle. Proprio da quel quartiere madre e figlio sono partiti in piena notte per recarsi sul ponte e farla finita. Dal gennaio 2010 il viadotto è chiuso al traffico pesante e alla sosta delle auto. A giugno dovrebbero iniziare i lavori per la messa in sicurezza: «Purtroppo questa tragedia – dice il sindaco di Ariccia, Gianluca Staccoli – ci colpisce ancora. In accordo con polizia locale e carabinieri abbiamo già preventivato con la ditta che farà i lavori al ponte che una volta terminati vengano applicati altri deterrenti, simil spuntoni che già oggi sono parzialmente presenti, per rendere ancora più difficile, l’impresa di superare la rete, adoperarla come scaletta e buttarsi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA