Roma, la carta Berlusconi per convincere Bertolaso alla sfida per il Campidoglio

Roma, la carta Berlusconi per convincere Bertolaso alla sfida per il Campidoglio
di Mario Ajello
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Martedì 18 Maggio 2021, 00:56 - Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 10:52

A Milano si perde, a Torino si vince (a Napoli pure) e a Roma boh. Il mood del centrodestra è questo, per ora, rispetto al voto nelle città. Tra domani e giovedì è previsto il summit dei tre leader - Salvini, Meloni, Tajani - e lo scopo è quello di uscire dal vertice con il nome di Bertolaso per il Campidoglio. L’estrema richiesta sarà affidata a Berlusconi, che si spera sia collegato via Zoom alla riunione, e consisterà in una sorta di mozione degli affetti: «Guido solo tu puoi salvare Roma, noi ti vogliamo bene e ti stimiamo sei la persona giusta per il centrodestra e per la Capitale». Bertolaso, se la scena sarà questa, barcollerà nel suo no oppure perfino al caro Silvio darà la delusione del non volerci essere? 


Altre possibili carte nelle mani, oltre a quella Bertolaso che i sondaggi danno vincente su tutti gli avversari, i tre leader al momento non le hanno.

Lui continua a ritrarsi e loro, chi più e chi meno, continuano a provarci. A cominciare da Tajani: «Io ancora ci spero. Con lui andiamo al ballottaggio e poi vinciamo».

La verità è che si annaspa nel buio sul nome da mandare in gara per il Campidoglio. Sembrava potersi concretizzare invece, e i leader erano in pressing, la carta Giulia Bongiorno, su cui Meloni e Salvini sarebbero stati pronti a convergere, e anche Forza Italia, se non fosse che questa candidatura oggettivamente forte per popolarità e standing - e lo spettacolo di un eventuale ballottaggio donna contro donna tra Raggi e l’avvocatessa ex ministra non sarebbe stato male - è stata esclusa proprio da lei: «Faccio altro, sono impegnata sul tema giustizia». 
Il fatto che ancora non si trovi il nome giusto non solo dice quanto questa città abbia prodotto poco in materia di classe dirigente in questi anni ma dice anche di più: che Roma invece di essere vissuta come la grande occasione per la politica di rilanciare se stessa attraverso la città guida del Paese viene avvertita viceversa come un cruccio e come lo specchio dei propri deficit di impegno e di visione. «Dobbiamo muoverci e in fretta», dicono i leader. Ma ancora non si stanno veramente muovendo. 


TENTAZIONI
Almeno per Milano, dopo il no di Albertini, qualche tentazione c’è. «Paolo Maldini andrebbe benissimo!», dice Berlusconi. E perché no, dicono altri, la sondaggista Alessandra Ghisleri? Ma è bla bla. Più possibile ma chissà il manager Riccardo Ruggiero. O Maurizio Lupi che però è un politico (come Gasparri per Roma) e non uno proveniente dal mondo delle professioni.


L’unica cosa certa è che la campagna elettorale del centrodestra vedrà Salvini e Meloni impegnati sul campo a Roma come se i candidati per il Campidoglio fossero loro due. FdI era pronta a concedere al Carroccio la candidatura di Bongiorno perché tanto «il candidato sindaco traina - così ragiona qualcuno nel partito meloniano - tre o quattro punti in più per il partito di appartenenza ma noi rispetto alla Lega a Roma avremo il triplo dei loro consensi». Visto che i due leader saranno i trascinatori, si potrebbe pure arrivare a una scelta di candidato debole e incolore: tanto, a farlo vincere, ci penserebbero Matteo e Giorgia a meno che non dovessero pestarsi troppo i piedi. I due nel frattempo hanno deciso di riparlarsi.

E questo è già qualcosa. Così come lo è la convinzione di farcela a Napoli, con il magistrato Catello Maresca favorito nella conquista del municipio rispetto al rosso-giallo Manfredi (ma deve lasciare subito la magistratura per candidarsi), e a Torino dove è in pista l’imprenditore Paolo Damilano mentre Pd e M5S si lacerano e si disperano. 

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