Roma, la scultura per Italia 90 lasciata marcire dal Comune davanti al Palazzetto

Roma, la scultura per Italia 90 lasciata marcire dal Comune davanti al Palazzetto
di Raffaella Troili
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Sabato 26 Settembre 2020, 09:53 - Ultimo aggiornamento: 27 Settembre, 07:39

Uno dei tanti autogol di Roma, che troppo spesso lascia andare in malora la sua arte, antica e moderna. Al Flaminio, l'occhio dei residenti è quasi assuefatto al degrado, altri ancora provano rabbia: sono ormai cinque anni che la monumentale scultura Goal, alta 16 metri e mezzo, realizzata da Mario Ceroli nel 1990 ed esposta in occasione dei Mondiali di calcio all'Eur per poi esser collocata in viale Tiziano, versa nel più completo abbandono. Davanti al palazzo del Coni, tra il palazzetto dello sport di Nervi (anch'esso abbandonato) e l'auditorium di Renzo Piano, poco distante dall'altro scempio, quello dello Stadio Flaminio, si erge quel che resta dell'opera.


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Vandalizzata nel 2015


Venne recintata perché vandalizzata, nel 2015, da graffiti, di lì a poco c'erano stracci, scritte, erbacce, rifiuti. Da allora la situazione è solo precipitata. Un colosso di 35 tonnellate in legno di pino di Russia che stanno marcendo, che di qui a poco crolleranno al suolo davanti al parco giochi dei bambini e quello di basket dei giovani. Una sorta di sfera, qualcuno nel quartiere la chiama stella, rosso rame, che sembra ormai l'emblema dei tanti scheletri della zona.

Tanti appelli alle istituzioni (l'ultimo intervento - dei tiranti apposti dalla Soprintendenza - risale al 2011) sono rimasti inascoltati, il legno intanto si è gonfiato, l'assenza dell'uomo e la forza del tempo hanno fatto il resto. In assenza totale di manutenzione, anzi offesa da transenne arancio divelte, erba alta, rifiuti, abbandono, Goal fa tristezza nonostante il titolo dell'opera dovrebbe ispirare tutt'altro.

Donata al Comune, di fatto nessuno se ne è mai occupato. Anche un occhio non esperto ormai sa capire che è destinata a morte sicura, anzi la situazione sta degenerando, il legno penzola o presenta fori. Sicuramente doveva stare al coperto, in altri Paesi si troverebbe al riparo di una teca di vetro.

Attualmente si è aggiunta al suo fianco un'altra recinzione scamuffa: quella intorno al tronco di un albero, per terra un tappeto di immondizia, bici in affitto e abbandonate, cartoni, erba alta, giacigli, un senso di abbandono totale nonostante siamo in un quartiere bene, nel cuore di Roma. «Sono cinque anni che la vedo andare in malora, perché lavoro qui e porto i miei figli in questo parco giochi», dice Piero mentre guarda desolato l'opera del celebre artista.
 

«Siamo proprio rovinati»


«Ma la cosa più grave è laggiù, lo Stadio Flaminio», aggiunge Alessandro Roda. «Il grande degrado è pure lo stadio, hanno abbandonato tutto qui: stadio, palazzetto, l'opera di Ceroli. Siamo proprio rovinati». A piazza Apollodoro, Salvatore sorride amaro: «Quando sono arrivato qui, cinque anni fa, mi sembrava tutto pulito, diverso rispetto a Napoli questo quartiere. Ora è l'esatto contrario». E ancora: «La sera alla sette e mezza c'è da avere paura, non c'è sicurezza, davvero». Si affaccia il suocero, del bistrot Il Maratoneta, lui è Giovanni il maratoneta, sta qui da 40 anni, si lamenta: «L'Ama non passa, la piazza è abbandonata, hanno abbattuto gli alberi e lasciato i tronchi mozzi, che ci facciamo? L'erba la tagliamo noi, le foglie le raccogliamo noi, prima c'era qualcuno che piantava fiori, si arrabbiava, protestava ora è tutto silenzio».

Un Palazzetto dello Sport sbarrato circondato da giacigli e davanti un Goal mancato, anzi sprecato. Una signora siede sulla panchina, infila le cuffie e dà le spalle a quel che resta del capolavoro del maestro Mario Ceroli. Meglio non guardare.

 

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