Roma, scontri a Ponte Milvio alla finale di Coppa Italia: quattro ultrà condannati

Roma, scontri alla finale di Coppa Italia fra Lazio e Atalanta: quattro ultrà condannati
di Adelaide Pierucci
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Martedì 25 Maggio 2021, 00:41 - Ultimo aggiornamento: 02:02

Prime sentenze per la guerriglia urbana scatenata nel maggio 2019 a Ponte Milvio da trecento tifosi e ultrà biancocelesti poco prima della finale di Coppa Italia fra Lazio e Atalanta. Dei tredici identificati, ieri quattro hanno patteggiato una pena a 10 mesi di reclusione e altri cinque hanno presentato richiesta di abbreviato. Per ulteriori cinque ultrà, tra cui gli Irriducibili Ettore Abramo e Aniello Marotta, si profila invece il rinvio a giudizio. Ha retto finora la ricostruzione della procura. Per il pm Eugenio Albamonte, titolare dell’indagine, si era trattato di un caos voluto. La guerriglia urbana sarebbe stata studiata nella sede di via Amulio e messa in atto a Ponte Milvio, tra passanti terrorizzati e in fuga.

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LE PENE CONCORDATE
Hanno scelto di patteggiare la pena e uscire dal processo Luca Antonini, Daniele Piselli, Simone Mingarella e Alberto Pasquali.

Antonini, su cui gravava una recidiva specifica, assistito dall’avvocato Lavinia Lucaroni, in fase di indagini si era difeso specificando di essere «solo un tifoso, non legato a frange, che si era ritrovato casualmente nell’area degli scontri».

I reati contestati vanno dal danneggiamento alla radunata sediziosa, fino a violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale, ma anche lancio di materiale pericoloso, scavalcamento e invasione in occasione di manifestazione sportiva. I tifosi più facinorosi sarebbero risultati Ettore Abramo e Aniello Marotta, entrambi appartenenti agli Irriducibili e vicini all’ex capo della curva biancoceleste Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik, ucciso a colpi di pistola nel parco degli Acquedotti. Su entrambi pende una richiesta di rinvio a giudizio, al vaglio del gip Angelo Giannetti, con l’accusa di incendio per aver lanciato dentro una vettura della Polizia di Roma Capitale, in servizio di controllo del traffico, un fumogeno acceso.

 

LA STRATEGIA
Per il pm, le centinaia di ultrà che hanno assaltato la polizia, incendiato auto dei vigili urbani, lanciato bastoni e fumogeni, avrebbero agito secondo una strategia pianificata proprio dagli Irriducibili. I tredici ultras erano stati identificati dalla Digos dai giubbotti, dalle scarpe e persino dai calzini indossati, visto che al momento di entrare in azione si erano travisati con cappucci, berretti mefisto, caschi e sciarpe. I tifosi si erano preparati a tessere una trappola alle forze di polizia pur di tentare l’atto frontale con la tifoseria bergamasca. I reparti della Mobile, però, erano in guardia e, nonostante si fossero ritrovati a far fronte a più di un’ora di assalti, erano riusciti a far retrocedere i violenti, mentre gli altri spettatori confluivano nello stadio.

LE SCRITTE
Nei giorni precedenti alla Finale di Coppa Italia, la tifoseria laziale aveva realizzato nei pressi del sottopasso Turbigo scritte del tipo «Bergamo fogna», «Irriducibili Lazio», «Digos Boia», e «Bergamasco in treno scortato». L’assalto era stato limitato grazie a un sequestro eseguito la stessa giornata su una Polo partita dalla sede degli Irriducibili, in via Amulio. In un borsone erano state recuperate torce fumogene, petardi, batterie di colpi, tubi pirotecnici e un manico di legno. Mentre un’altra auto si era dileguata. Poi c’erano stati i raduni in piazza della Balduina dove gli ultrà laziali attendevano il passaggio dei tifosi dell’Atalanta, mentre un altro fronte si era ritrovato davanti al Beer Company di Ponte Milvio. Poco prima delle sette in centinaia si erano diretti verso l’Olimpico. Circa 300 ultras si erano staccati e si erano travisati in volto. Poi, si erano diretti verso delle pattuglie della polizia locale intenta a regolare il traffico sul Lungotevere ed era partito il lancio di bottiglie, molotov, fumogeni, sedie di plastica e torce accese.
 

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