Riscuoteva i ticket sanitari e faceva scivolare una piccola parte degli incassi nella propria borsetta. A fine giornata, però, non sempre quadravano i conti. È così che presso uno sportello Cup, il centro unico di prenotazioni della Asl di via Largo Rovani, a Monte Sacro alto, è cominciata la caccia al ladro. Fino a quando era l'estate del 2018 i sospetti si sono concentrati su una dipendente del front office che si offriva spesso per lavorare più dell'orario dovuto e, soprattutto, si tratteneva a calcolare la contabilità di fine turno. Per l'operatrice, dipendente di una ditta privata vincitrice della gestione dell'appalto Cup, è stato appena disposto il processo con l'accusa di peculato. La prima udienza sarà il 2 febbraio.
L'accusa
In base alle conclusioni del pm Laura Condemi «l'operatrice, avendo per ragioni del servizio la disponibilità delle somme di denaro derivanti dagli incassi delle prestazioni sanitarie contabilizzate dall'8 giugno al 16 ottobre 2018, si appropriava in maniera indebita delle stesse, omettendone il versamento alla Asl per l'ammontare complessivo di 1.022 euro». Una media, insomma, di 15 euro al giorno. Una somma modesta, ma che comunque arrecava danno al Servizio sanitario nazionale, già in difficoltà, tanto che gli uffici legali della Asl Rm1 e della Regione Lazio stanno valutando di costituirsi parte civile nel procedimento. L'impiegata, 58 anni e vicina alla pensione, è stata allontanata dal posto di lavoro.
I precedenti
Non si tratta di una vicenda isolata.
Di recente è finito a processo un cassiere dello sportello accettazioni di Palazzo Baleani, un centro per la senologia del Policlinico Umberto I in Corso Vittorio Emanuele. Arrotondava lo stipendio con i soldi versati per il ticket dalle donne malate di tumore. Quindici mila euro, l'ammanco contestato. Soldi sottratti, per la procura, in 5 mesi nella primavera del 2016. Di recente sono finiti a processo anche due dipendenti del Cup del Policlinico Tor Vergata. Avrebbero sfilato dai fondi dei ticket sanitari 83mila euro. Il meccanismo collaudato: i due colleghi, a ondate e per anni, avrebbero inventato finti pazienti che, per esenzione o visite non svolte, vantavano il diritto al risarcimento dei ticket già pagati. Una tecnica più articolata rispetto a quella che ha messo nei guai l'impiegata della Asl di Largo Rovani.