Roma, riapre il ristorante "Al 34" distrutto da un incendio: «Una sfida, ma i clienti ci aspettano»

Roma, riapre il ristorante "Al 34" distrutto da un incendio: «Una sfida, ma i clienti ci aspettano»
di Raffaella Troili
4 Minuti di Lettura
Giovedì 26 Novembre 2020, 07:27 - Ultimo aggiornamento: 12:51

«E noi riapriamo, non sappiamo fare altro: è questa la nostra vita, i clienti ci aspettano». Oggi in via Mario de' Fiori torna a sfornare prelibatezze lo storico ristorante “Al 34”. Lo scorso 18 giugno, appena usciti dal lockdown e dopo un profondo restauro, il ristorante venne distrutto dalle fiamme causate da un corto circuito.

«Avevamo fatto una profonda opera di restauro della parte tecnologica, riaperto per 15 giorni e poi chiuso per il lockdown - ricorda il titolare Nicola Casalini  - eravamo andati avanti un pochino con il delivery, portavamo piatti ai clienti che ce lo chiedevano, poi con la riapertura bene o male per un mesetto abbiamo lavorato anche se la normalità era una chimera. Timidamente però tornava la clientela italiana, il nostro è un menù completo da ristorante, un'attività avviata dai nostri genitori, con 25/27 persone che turnano. Chiudevamo alle 23, il centro ci porta comunque numero di clientela pomeridiana dagli uffici. Quel giorno maledetto ero stato qui al locale con la nostra ragioniera, verso le 17,10 aspettavo un nipote che prendesse il mio posto ma era in ritardo, ho chiuso normalmente per fare dei giri quando dopo un quarto d'ora mia sorella che abita al quarto pianodello stesso stabile mi chiama dicendo che stava uscendo fumo nero dal ristorante».

 

«Il corridoio era tutto annerito, tutto quanto avevamo messo con amore nel ristorante distrutto.

aveva preso fuoco l'archivio, un corto circuito. I vigili del fuoco in 20 minuti hanno spento tutto ma una tale fiamma ha fatto danni che ci hanno portato via 50 anni di piacere dei sensi». Oltre alla batosta economica dopo i lavori fatti a gennaio. Legni, travi, restauri, «non cambiamo facilmente, siamo fermi al passato, la porta di noce, le ceramiche San Polo, ora ho messo quelle che avevo a casa, che colleziono, perché il locale deve essere come casa mia, anche meglio, deve far provare un piacere alla vista. Mia madre, 88 anni, è pronta per tornare a far da padrona di casa all'inizio non è venuta, è stata una bella botta emotivamente: lì dentro avevamo ricordi, foto, coperchi di zuppiere regalo di alcuni stilisti come Fausto Sarli o Rocco Barocco, con dietro il nome di tutti i personaggi noti che sono passati. Ora non c'è più niente di allora, i pagliacci, le maschere di ceramica a lume tipiche fine anni  '50. Un po' di pagliaccetti li ho rimediati a casa, perché questa anche è la mia casa. Il locale, aperto dai miei genitori è alla seconda generazione, io spesso sto in cucicna al posto dei cuochi, preferisco. Abbiamo ricreato la stessa identica atmosfera, rispettando le misure covid, piccole rifiniture, cambiamenti comfort, divanetti, avevo sedie anni '50 era e resta una casa per noi. Siamo una famiglia molto legata nei momenti di difficoltà e ora è il momento di ripartire. I clienti storici ci aspettano, ci telefonano».

No panic, «dimostriamo il meglio, siamo un ristorante familiare, ci sono i miei nipoti, la nonna, questo è il nostro lavoro, la nostra attività e questo sappiamo fare. Portate corni e peperoncini ho detto agli amici. Mai avuto il pensiero di chiudere, questa è casamia, è come un figlio che dovevamo medicare difendere, come un parente che sta male e che mi da anche da mangiare. Insomma dovevo metterlo a posto. Non potevo lasciarlo così, sono cresciuto qui. Una sfida ma confido sulla nostra clientela affezionata, certo mancano i turisti. Noi intanto apriamo, poi vediamo, certo non si lavorerà troppo finché posso il personale lo mantengo, vediamo che succede. L'importante è ricominciare a lavorare, ci stanno chiamanado per sapere quando riapriamo fa tempo, è arrivato il momento. Ho tanta voglia di iniziare perché è quello che so fare: basta muratori, ci tengo a tornare alla normalita, alle amicizie. Questo è un lavoro piacevole, quello del ristoratore»

Il menù spazia nella tradizione con «porzioni solide, dagli strascinati alla gricia con salsa al tartufo alle ottime linguine ai frutti di mare, dall'abbacchio al forno al maialino. Ogni anno faccio un corsi di cucina, dalla pasta fresca all'essiccazione, utilizzo i prodotti migliori, puntando a un mix di rustico e raffinato. Mi piace fare da supporto al cuoco, è una grande passione, mi piaceva stare in cucina già da bambino, mio padre mi diceva: vai in sala... Il covid? Non ci fa paura, i problemi ci saranno ma se ti comporti bene un pochino lavori. Perché non dovremmo lavorare anche noi? Natale? Ci hanno chiesto informazioni. Gli anni passati eravamo pieni già due mesi prima, le stesse famiglie che venivano la domenica prenotavano un tavolo... e per Capodanno era tutto occupato un mese prima... la nostra clientela l'abbiamo. E' tempo di tornare ai fornelli».

© RIPRODUZIONE RISERVATA