Terremoto Ama, emergenza rifiuti travolge Roma: verso il commissario

Terremoto Ama, emergenza rifiuti travolge Roma, verso il commissario
di Mauro Evangelisti
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Mercoledì 2 Ottobre 2019, 08:52 - Ultimo aggiornamento: 14:43

Ai confini della realtà: nella città ricoperta dai rifiuti, il Campidoglio brucia l'ennesimo Cda. E affida l'Ama, l'azienda che dovrebbe raccogliere e smaltire la spazzatura, a Stefano Zaghis, un attivista 5 Stelle che seguiva la campagna elettorale dell'ex presidente del consiglio comunale, Marcello De Vito. Non ha, oggettivamente, alcuna esperienza in materia. In termini pratici Ama è allo sbando: nel ruolo di direttore operativo è stato richiamato Massimo Bagatti, che era stato spedito ai grandi eventi, e non potrà fare miracoli.

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BARATRO
Tra quindici giorni i rifiuti saranno sui marciapiedi, avremo un Natale con la spazzatura e l'ipotesi dell'emergenza sanitaria con relativo commissariamento più forte. I tre del Cda che si sono dimessi denunciano: non ci hanno lasciato lavorare, non ci hanno ascoltato quando abbiamo spiegato che a Roma servivano impianti di ogni tipo, dai tmb alla discarica. Attacca il Pd capitolino: «La sindaca prenda atto del fallimento della sua amministrazione e chiuda qui la sua esperienza». Matteo Salvini annuncia una raccolta di firme per chiedere le dimissioni della Raggi, in Regione la Lega presenterà una mozione di sfiducia anche contro Zingaretti.
 



Dato record: Zaghis sarà il settimo amministratore di Ama in tre anni. La scelta della Raggi arriva attorno alle 19. Cinque ore prima la presidente Luisa Melara, l'ad Paolo Longoni e il consigliere con ruolo operativo Massimo Ranieri avevano convocato una quarantina di dirigenti e quadri di Ama, nella sala assemblee al decimo piano della sede di via Calderon de la Barca. Avevano spiegato che alle 18 avrebbero lasciato, completato le ultime pratiche. La Melara si era commossa. I tre erano stati scelti dalla Raggi stessa dopo una lunghissima selezione, da febbraio a maggio, per uscire dalla paralisi in cui l'azienda era finita dopo quattordici mesi di scontro sul bilancio tra il Campidoglio e il vecchio Cda, quello guidato da Lorenzo Bagnacani, che ha portato a inchieste della procura e della Corte dei conti. In sintesi: la Raggi per l'ennesima volta prima va allo scontro con gli amministratori che lei stessa ha scelto, poi li caccia, trova i sostituti, li presenta come i salvatori, dopo pochi mesi si stanca, li affonda, scarica su di loro le colpe sull'inefficienza della raccolta dei rifiuti.

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E comincia un nuovo giro di giostra. «Cercavano solo a chi passare il cerino - si è sfogato ieri il cda -, ci hanno chiamato per rimettere in sesto l'azienda e riorganizzare la raccolta, poi però ci hanno lasciati soli, abbandonati. Chiedete alla Raggi le ragioni, neppure ci riceveva».

Quando il 18 febbraio fu rimosso Bagnacani, il motivo dello scontro era chiaro: i 18 milioni di euro di crediti di Ama nei confronti di Roma Capitale per i servizi cimiteriali inseriti nel bilancio 2017, che Virginia Raggi, il dg del Comune Franco Giampaoletti e l'assessore Gianni Lemmetti contestano. E nel bilancio riscritto dal nuovo Cda, anche alla luce dei pareri di esperti, quei 18 milioni ci sono ancora. Melara, Longoni e Ranieri però nella lettera di dimissioni inviata alla Raggi negano che l'origine dello scontro sia quel credito contestato («eravamo disponibili a un confronto valutativo»). No, secondo il nuovo Cda, che si era formalmente insediato il 19 giugno, il problema è «assai più grave», «verte esclusivamente sulla assoluta inerzia e constatata mancanza di una fattiva e concreta collaborazione con Ama per superare le situazioni di criticità».

Ci vedevano come i nemici, come se Ama non fosse un'azienda pubblica, racconta il Cda durato poco più di tre mesi. L'atto di accusa è pesante perché mette in fila gli impegni sottoscritti in un documento il 22 maggio, prima dell'accettazione della nomina, in cui chiedevano alla Raggi garanzie, tra l'altro, su un tavolo di verifica dei crediti e debiti Roma Capitale-Ama, sul rinnovo da parte di Roma Capitale della garanzie richieste dalle banche, sull'impegno a «condividere e supportare le politiche di investimento in nuovi impianti, interventi di adeguamento di quelli esistenti, mezzi e personale».

«Su nessuno di questi punti, all'indomani dell'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione, peraltro espressione dell'amministrazione capitolina in quanto selezionato con procedura ad evidenza pubblica, c'è stata alcuna forma di fattiva e concreta collaborazione, fino al punto che sono diventate difficili le stesse comunicazioni». Come dire: ci avete cercato, ci avete scelto, poi non ci avete consentito di lavorare. «Per voi l'importante è che tenessimo in mano il cerino, che ci prendessimo le responsabilità dei rifiuti per strada».
 

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