Roma, pronto soccorso di nuovo al collasso: ambulanze usate come letti

Roma, Pronto soccorso di nuovo al collasso: ambulanze usate come letti
di Alessia Marani
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Martedì 16 Febbraio 2021, 22:30 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 15:56

Con il freddo si riacutizzano i malati cronici e rispuntano bronchiti e tonsilliti. Da due giorni è di nuovo ressa nei pronto soccorso di Roma con la caccia al posto letto. Nonostante i romani abbiano il timore di chiamare il 118 ed essere portati in ospedale dove temono di contrarre il Covid o, più semplicemente, di rimanere isolati durante il ricovero, impossibilitati a vedere e ricevere la visita e il conforto di parenti e amici, le richieste di Sos sono cresciute. E le ambulanze tornano a bloccarsi.

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Solo ieri mattina, i degenti accalcati nelle sale e nei corridoi dei dipartimenti di emergenza e accettazione, alcuni “parcheggiati” sulle barelle, erano a decine: 54 al Pertini, 41 al Sant’Andrea, altrettanti al policlinico Umberto I, 39 al policlinico Gemelli, 35 al Casilino e 39 al policlinico di Tor Vergata, tanto per tratteggiare il quadro in alcuni dei principali hub della Capitale.

Tutti pazienti più o meno gravi in attesa di un ricovero, ossia di un posto letto no-Covid disponibile.


La rete


Una situazione da “over-booking” non insolita per questo periodo dell’anno ma che ora viene a sovrapporsi all’emergenza dettata dalla pandemia. E in cui entra in gioco il modello flessibile, “a fisarmonica”, adattato alla rete ospedaliera regionale che prevede posti letto e strutture interamente dedicate alla cura del coronavirus. «Nei limiti del possibile - spiega il dottor Adolfo Pagnanelli, primario del pronto soccorso del policlinico Casilino - sono già state ripristinate alcune degenze no Covid, ma una riserva minima di posti letto esclusivamente dedicati al virus, almeno duecento, deve sempre rimanere. Questo per essere pronti ad affrontare nuovi picchi del contagio. Va, inoltre, tenuto presente che allestire un posto letto Covid con le attrezzature necessarie e il personale adeguato non è una operazione che si può fare in un batter d’occhio». Con le temperature da brivido di questi giorni, con le minime anche sotto lo zero, i pazienti tornano a bussare ai pronto soccorso. Mentre i posti letto Covid, con lo spettro dei ricoveri per la variante inglese alle porte, però, restano inoccupati. Come per esempio sta accadendo al Città di Roma. 


I mezzi fermi


Lunedì i mezzi del 118 rimasti bloccati nei piazzali dei Dea in attesa della restituzione delle barelle erano 55, una quindicina “arenate” al San Giovanni, 13 nel piazzale di Tor Vergata, 8 al Casilino. Ieri la situazione era simile. Con le ambulanze impegnate anche nei Comuni della provincia limitrofi a Roma per dare una mano al sistema. «Tonsilliti, mal di gola, placche - afferma Pier Luigi Bartoletti, a capo della Fimmg, la Federazione dei medici di medicina generale di Roma e Lazio - sono molto diffuse in questi giorni e aggravano il quadro clinico di persone fragili e anziane. Eppure i nostri assistiti sono refrattari ad andare in ospedale. Hanno paura. In alcuni casi anche di Covid con saturazione bassa c’è chi ha rifiutato il ricovero: “Dotto’ meglio morire a casa mia”, mi sono sentito dire. Per fortuna, con le cure, il paziente non è morto». L'Ares 118 e l'assessorato alla Sanità fanno sapere che «nell'intera giornata di lunedì, il numero massimo di ambulanze bloccate è stato di 19 unità, 16 in quella di martedì» e aggiungono che non c'è stata, comunque, «la necessità di effettuare ricoveri direttamente in ambulanza».


I volontari


Intanto, dagli ospedali, sono praticamene spariti i volontari. Ossia coloro che prima della pandemia prestavano aiuto in corsia. Anche corsi e attività delle associazioni si sono fermate. L’assistenza ai pazienti e la comunicazione tra loro e i familiari è gestita in autonomia da ogni singola struttura. Non c’è una regola o un piano regionale. Diversi ospedali si sono dotati di tablet anche attraverso donazioni, al Santo Spirito sono arrivati telefonini a prova di contagio, ossia realizzati in materiale che si può disinfettare più facilmente. Ma non sempre la tecnologia è sufficiente e persino sui social rimbalzano le richieste di aiuto di familiari in cerca di infermieri o dottori che lavorano all’interno dei reparti per sapere delle condizioni dei degenti.

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