
Insomma, si può fare un referendum - lo statuto di Roma Capitale prevede il ricorso alla consultazione popolare per certe materie - per chiedere ai cittadini di esprimersi sui modi per dare forza alla loro città? Ossia si può consultarli su una questione che li riguarda da vicino e che il Palazzo cerca di non vedere, imprigionato dall'ipoteca Raggi con Conte che non si muove per paura della sindaca e dei 5 stelle?
Riccardo Magi è presidente dell'Osservatorio su Roma che raccoglie in maniera trasversale 40 parlamentari - ci sono Morassut, Gasparri, Rampelli, Fassina e tanti altri - e non nasconde le difficoltà per una consultazione di questo tipo. Su una materia in cui non solo il Comune è coinvolto ma anche la Regione e il Governo. «La via maestra - dice Magi - sarebbe quella di aprire una fase costituente. Di sicuro però una mobilitazione dei cittadini, qualche forma di attivazione dei romani di ogni colore politico va trovata. Per far capire a tutte le classi dirigenti nazionali che sul futuro di Roma non si può più cincischiare. Altrimenti, chiunque vince le prossime elezioni e andrà al Campidoglio non potrà, in assenza di poteri adeguati, governare». Di referendum popolari, Roma ne ha avuti, basti pensare a quello sul trasporto pubblico urbano, che proprio i Radicali di Magi hanno promosso. Ma questo sarebbe tutta un'altra cosa.
Dal versante della destra, ecco Fabio Rampelli, big di Fratelli d'Italia, impegnatissimo da sempre su Roma: «Lo Stato è come se avesse litigato con Roma, la disconosce. E nessuno si prende la responsabilità di ricucire questo strappo. Ben venga allora la voce dei romani. I cittadini che si mobilitano direttamente per difendere la Capitale che non è difesa dallo Stato che essa rappresenta sarebbe la riprova di un problema grave. Ricordo soltanto che, per i 100 anni di Roma Capitale, curò un libro dedicato a questo grande passaggio storico il Capo dello Stato, Giuseppe Saragat. Lo fece distribuire nelle scuole. E ora, per i 150 anni? Niente».
Gli altri Paesi
E questo è lo Stato che, anche in termini di fondi, non guarda Roma, e ha definanziato da decenni la legge su Roma Capitale (mai attuata), «mentre la Francia - incalza Rampelli - a Parigi dà 22 miliardi, l'Inghilterra 40, per non dire di Berlino che grazie al sostegno del governo è stata rifatta tutta». Da sinistra, Stefano Fassina. «Referendum? Noi stiamo anche pensando a una consultazione popolare per l'elezione diretta del sindaco della città metropolitana, facendo diventare i municipi di Roma veri e propri comuni». Ecco, intervenire, proporre, smuovere, gettare a più non posso sassi nella palude: di questo Roma ha assoluto bisogno. Antonio Tajani la mette giù così: «Io sono d'accordo a raccogliere le firme dei romani per il referendum sui poteri. Benissimo. Ma intanto basterebbero tre firme, quella della Raggi, di Zingaretti e di Conte, per attuare la legge Berlusconi del 2009 su Roma Capitale. Perché non si sbrigano?».
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