Roma, «Più poteri per la Capitale». Cresce l'idea del referendum

Roma, «Più poteri per la Capitale». Cresce l'idea del referendum
di Mario Ajello
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Lunedì 28 Settembre 2020, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 12:24
Un referendum popolare, per chiedere più poteri per Roma e per dare alla Capitale il rango che si merita, è una extrema ratio. Su cui un po' tutti, da destra a sinistra, dopo la proposta lanciata dal dem Roberto Morassut sulle pagine del Messaggero, s'interrogano. E nessuno la esclude a priori. Perché è uno strumento giusto per smuovere le acque sulla Capitale. Che sennò, nell'inerzia del Campidoglio, nel disinteresse del governo, continua a restare fiori dall'agenda politica nazionale, quando viceversa deve esserne la copertina, la premessa e la conclusione. Visto che le elezioni comunali sono alle porte, nel 2021.





Insomma, si può fare un referendum - lo statuto di Roma Capitale prevede il ricorso alla consultazione popolare per certe materie - per chiedere ai cittadini di esprimersi sui modi per dare forza alla loro città? Ossia si può consultarli su una questione che li riguarda da vicino e che il Palazzo cerca di non vedere, imprigionato dall'ipoteca Raggi con Conte che non si muove per paura della sindaca e dei 5 stelle?

Riccardo Magi è presidente dell'Osservatorio su Roma che raccoglie in maniera trasversale 40 parlamentari - ci sono Morassut, Gasparri, Rampelli, Fassina e tanti altri - e non nasconde le difficoltà per una consultazione di questo tipo. Su una materia in cui non solo il Comune è coinvolto ma anche la Regione e il Governo. «La via maestra - dice Magi - sarebbe quella di aprire una fase costituente. Di sicuro però una mobilitazione dei cittadini, qualche forma di attivazione dei romani di ogni colore politico va trovata. Per far capire a tutte le classi dirigenti nazionali che sul futuro di Roma non si può più cincischiare. Altrimenti, chiunque vince le prossime elezioni e andrà al Campidoglio non potrà, in assenza di poteri adeguati, governare». Di referendum popolari, Roma ne ha avuti, basti pensare a quello sul trasporto pubblico urbano, che proprio i Radicali di Magi hanno promosso. Ma questo sarebbe tutta un'altra cosa.

Dal versante della destra, ecco Fabio Rampelli, big di Fratelli d'Italia, impegnatissimo da sempre su Roma: «Lo Stato è come se avesse litigato con Roma, la disconosce. E nessuno si prende la responsabilità di ricucire questo strappo. Ben venga allora la voce dei romani. I cittadini che si mobilitano direttamente per difendere la Capitale che non è difesa dallo Stato che essa rappresenta sarebbe la riprova di un problema grave. Ricordo soltanto che, per i 100 anni di Roma Capitale, curò un libro dedicato a questo grande passaggio storico il Capo dello Stato, Giuseppe Saragat. Lo fece distribuire nelle scuole. E ora, per i 150 anni? Niente».
 

Gli altri Paesi


E questo è lo Stato che, anche in termini di fondi, non guarda Roma, e ha definanziato da decenni la legge su Roma Capitale (mai attuata), «mentre la Francia - incalza Rampelli - a Parigi dà 22 miliardi, l'Inghilterra 40, per non dire di Berlino che grazie al sostegno del governo è stata rifatta tutta». Da sinistra, Stefano Fassina. «Referendum? Noi stiamo anche pensando a una consultazione popolare per l'elezione diretta del sindaco della città metropolitana, facendo diventare i municipi di Roma veri e propri comuni». Ecco, intervenire, proporre, smuovere, gettare a più non posso sassi nella palude: di questo Roma ha assoluto bisogno. Antonio Tajani la mette giù così: «Io sono d'accordo a raccogliere le firme dei romani per il referendum sui poteri. Benissimo. Ma intanto basterebbero tre firme, quella della Raggi, di Zingaretti e di Conte, per attuare la legge Berlusconi del 2009 su Roma Capitale. Perché non si sbrigano?».
 
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